Ce l'abbiamo fatta. Sono quindici giorni che rompiamo le palle a tutti sostenendo che "Domani ce ne andiamo". E giù saluti, promesse per il prossimo anno - che come si dice a Roma: "Beato chi c'ha un occhio" - e soprattutto cene di commiato. Gli amici del pontile, quelli del diving, e del ristorante, e del marina. Duna piena come non mai di persone, cibarie, chiacchiere e raki.
Sì, perché finalmente - e oserei dire fortunatamente - abbiamo scoperto il raki. Quello vero, intendo, quello che la maggior parte dei turchi si fa da sola a casa, viste le tasse suli alcolici che sfiorano il 75%. E lo fanno bene, lo fanno buono e, i nostri amici non saranno forse contenti di quel che sto per dire della loro bevanda nazionale, somiglia molto all'ouzo greco.
Il migliore lo distilla a Istanbul il padre di Bora, ma anche quello di Erhan, fatto lasciando in infusione zucchero e aromi nell'alcol procuratogli dal suo amico chimico, non è male. Così come quello di Taifoon, che l'ingrediente principale lo contrabbanda dalla Bulgaria.
Se la sera chiacchieri fino a tardi dei massimi sistemi, o fai le ore piccole ad analizzare le tante affinità e le poche ma micidiali differenze tra il linguaggio gestuale italiano e quello turco, o non ritieni conclusa la serata fino a che non sia evaporata l'ultima goccia di vino o birra o raki nell'ultimo bicchiere, la mattina la voglia di partire svanisce come rugiada al sole. Soprattutto perché qui il sole ancora picchia forte, e siamo ben consapevoli che il nostro viaggio di ritorno ci porterà a nord, dritti verso l'inverno.
Quindi, in ritardo su ogni possibile ritardo considerato ammissibile anche da noi ritardatari cronici, solo stamattina siamo riusciti a chiudere la barca, a caricare la macchina, a salutare gli ultimi amici, o forse a salutare di nuovo gli stessi, ormai abbiamo perso il conto, uscire dal marina e allontanarci da Kas.
Abbiamo seguito la costa verso ovest, poi abbiamo tagliato verso i valichi montani che schiudono la via degli altipiani interni, e siamo arrivati a Pammukkale, prima tappa di questo nòstos.
Il tempo è volato. A parte i paesaggi, che definirei banalmente "mozzafiato", abbiamo argomenti a sufficienza per passare l'inverno davanti al camino. Anche se spero di fare altro, davanti al camino, questo inverno.
Abbiamo il libro, il diario del viaggio di andata, ad aprile, in pubblicazione, e la prevendita su produzionidalbasso.it da organizzare.
Abbiamo due catamarani a Cuba, già prenotati per febbraio, da riempire.
Abbiamo un appuntamento, in Italia, che forse cambierà i nostri progetti futuri, del quale per scaramanzia non dico altro.
Ma in realtà l'argomento principale, come fossimo due vecchie comari, sono stati i vicini di banchina. Lui svedese, lei brasiliana, stanno insieme da poco. Hanno una barca in metallo bellissima, da giro del mondo, appena comprata. Lei completamente a digiuno di mare e di vela, e lui, perso in mille inutili dettagli, che si scopre improvvisamente puntiglioso al limite della paranoia.
Ogni volta che la incontriamo da sola, lei si lamenta di lui. Non le fa toccare nulla in barca, le vieta di usare i bagni anche di notte e anche per la semplice pipì (siamo in venti metri di acqua, con risorgive carsiche che la purificano dal fondo), le sta col fiato sul collo quando lava i piatti perché non apra troppo il rubinetto e la riprende quando lascia una luce accesa. Su un sedici metri con 1000 litri di serbatoio, pannelli solari e generatore eolico. E comunque attaccato alla colonnina del marina!
MaLa ci va coi piedi i piombo, lui l'ha delusa un po' la scorsa settimana quando, messo in mezzo in una tavolata durante la festa della repubblica, invece di stare allo scherzo si è impuntato ("Io non bevo quando sono al comando!"), si è offeso e se ne è andato. E noi che gli avevamo semplicemente proposto di uscire in dieci la mattina seguente, carichi di vino, per andare a fare festa nella baia qui dietro,
Io invece tutto sommato lo capisco. Ha un essere affascinante tra le mani, di cui possiede il corpo ma non l'anima. Non la conosce, non ha confidenza con lei, non sa se il suo amore è ricambiato. Ci vorrà del tempo per farlo sentire a suo agio, per presentarla agli amici senza paura che lei perda la testa per qualcun altro. E nel frattempo è geloso, e possessivo.
Parlo della la barca, non della brasiliana.
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