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Visualizzazione dei post da 2017

Al prossimo anno

Finisce come è cominciata, questa stagione. A un tavolino di un caffè di Poros, con il gusto terroso, accogliente dell'ellenicò a stemperarsi tra lingua e palato, e il blu del mare greco qui davanti a riempirmi gli occhi e l'anima. Anzi no, a esser sinceri sono lacrime di commozione quelle che mi inumidiscono l'anima in questa giornata estiva di ottobre, le stesse che ho pianto a maggio, quanto sceso dall'aliscafo, a poche ore dalla mia affannata, frettososa e persino dubbiosa partenza da Roma, mi sono improvvisamente reso conto di essere tornato a casa. Duna è al sicuro nel suo cantiere invernale. Come in pellegrinaggio ho salutato tutti, a partire da Takis e dagli altri al cantiere, passando dalla taverna di Tassos ed Eleni, poi due chiacchiere di rito con il tassista e infine, qui a Poros, l'ultimo passaggio della stagione alla ferramenta. "First in last out": sono una macchina semplice che ogni autunno si resetta e rimane in muta quiescenza fino

Laocoonte uno di noi

Duna vola verso ovest con fiocco pieno e due mani alla randa. La prua danza agile tra le onde dello stretto tra Naxos e Paros mentre io al timone assecondo i suoi movimenti istintivi, aiutandola giusto un po' ad anticipare, quando arriva, un treno di onde più ripide delle altre. Ma in fondo è per me che lo faccio, per evitare che le creste frangano in pozzetto inzuppando di sale me, il mio cappello di lana e i miei occhiali a specchio nuovi. Lei, Duna, non ne avebbe bisogno: è nata per questo mare. Sono due giorni che corriamo insieme verso ponente, verso Galata e il cantiere in cui riposare per il breve attimo di un inverno. Dall'alba - si fa per dire: oggi son partito a metà mattinata dopo dodici ore filate di sonno - alle luci del primo crepuscolo. Cinquanta miglia al giorno, tutte a vela, la maggior parte di bolina, sono tante, e così non sto nemmeno mettendo la canna in acqua. Se poi prendessi un tonno dovrei rallentare la barca, lottare, recuperarlo, pulirlo, dissa

Tutto finisce

Dondolo sulla mia amaca, a prua, cullato dal rollio. Allungo la mano appena alla mia destra, raggiungo il recipiente arancione e ne estraggo una manciata di cubetti di ghiaccio. Li lascio cadere nel bicchiere, poi aggiungo dell'acqua, infine mi sporgo ancora di più, rischiando di cappottarmi, e arrivo alla bottiglia dell'ouzo che mi accompagna fin da Samos. E che sta per finire. Lo verso lentamente, piso piso , in modo che rimanga a galleggiare in superficie, morbido come una nuvola di settembre, forte e delicato come lo scafo della Duna all'ancora nella rada di Lakki. Intanto il sole cala lentamente dietro la collina, portando con sé il vento che, appena poche ore fa, ha coperto di sale me e le mie vele. Lontano, verso nord, il castello di Lero controlla i dintorni. Mi sento al sicuro. L'estate, questa lunga, colorata, faticosa e meravigliosa estate, sta per finire. Ancora poche scorribande in taverna, di quelle in cui con occhio solo apparentemente distratt

Il salto del pesce

Stamattina c'era un pesce, nel mio tender. Piccolo, che mi stava in una mano. Scappando dal temuto predatore insieme a tutti gli altri avrà pensato "Ammazza che salto, sto avanti a tutti, col cazzo che mi prende, si fottano loro" ed è finito nel mio tender, a morire rinsecchito.  La velaia di Samos, Finlandese, me lo diceva proprio la scorsa settimana: "Massimo due anni, poi abituati all'idea che la tua randa morirà". Così diceva, ma non era questo. Ha perso il marito, Greco, ed è rimasta incastrata in quell'isola con due figli piccoli, ed è stata dura. "È inutile fare programmi: la vita in un attimo manda all'aria tutto". Questo, mi diceva, e mi ha toccato.  È morto un mio amico, pochi mesi fa. Era giovane ed aveva la risata più potente del Mediterraneo. Più in là non so, perché non sono ancora stato. Aveva progetti, immagino, o forse aveva in progetto di averli, ma senza fretta, c'è tutta la vita davanti. Tutta.  "Lavo

Talmente euforico

Stamattina mi sono svegliato presto, dovevo aspettare la mia velaia. L'appuntamento era alle nove. Alle nove e quaranta le ho telefonato, e lei non ha risposto. Fosse per il ritardo non me ne sarei fatto un problema ma, per dirla tutta, dovevo andare in bagno, e non potevo farlo con lei che sarebbe arrivata da un momento all'altro, mi avrebbe chiamato "Captain!" dalla banchina, e io chiuso in bagno a strappare freneticamente metri di carta igienica per mondare i miei peccati. Già mi vedevo, sudato e coi pantaloni mal allacciati, inseguirla per la banchina urlando "Come back Anitta!". Che se nessuno l'ha ancora fatto sarebbe da scriverci una canzone. Così l'ho chiamata di nuovo alle dieci e un quarto. "I'm late" mi ha risposto, fingendo imbarazzo "Ma metto le mie cose in macchina e vengo subito a Pitagorio". Ho insistito, mi premeva sapere quanto sarebbe durato questo subito, e i suoi "quindici minuti" mi hann

Il Circo - prima parte

Ore 6:30. Il sole deve ancora far capolino da sopra il promontorio che protegge l'avamporto di Pitagorion e io - riconquistata a fine stagione la cabina matrimoniale di prua, me ne sto a quattro di bastoni, una maglietta sugli occhi per ripararmi dalla luce che tenta di svegliarmi dall'osteriggio, sperimentando nuovi modi per spargere il mio metro e ottanta lineare su tre metri quadri di cuscini. Ronfo beato. Questa è anche l'ora in cui il camioncino del comune passa a ritirare le bottiglie vuote dai bar che gremiscono la banchina, e così non mi stupisco più di tanto nel sentire, nel dormiveglia, rumori di motori e di cocci infranti, e urla in Greco. Sono quelle in Turco a svegliarmi. Dapprima, lente, si infilano nei miei sogni, che da pieni di morbide carni e pelli setose si fanno pelosi e sanguigni, poi bussano alla mia coscienza e mi costringono a prendere atto della spiacevole realtà: i miei vicini di dritta stanno salpando. Devo premettere che ieri è stata

Mia faza mia raza

Ovvero, l ' unico tentativo fatto da Skiathos per farmi sentire "a casa". Porto di Skiathos. Ieri pomeriggio gli ormeggiatori comunali mi avevano impedito di occupare uno dei tre posti liberi, urlandomi di andare ad ancorare in rada. Stamattina uno dei motoscafoni cui erano destinati i posti ha salpato, e io di corsa riesco ad infilarmi in banchina. Mentre sistemo le cime - è in arrivo una brutta perturbazione - ecco l'omino del comune, quello con la maglietta blu e la barba, quello che ieri mi ululava di lontano, che esordisce con " Y a su, kalimèra" il che, se non fosse appunto per ieri, ci starebbe pure visto che è la quarta volta in nemmeno un mese che ormeggio qui. I l successivo, mieloso, " M y friend" svela immediatamente il segreto del nostro improvviso idillio, preludendo alla sua richiesta: mi devo spostare fuori asse di un metro per far spazio a un'altra barca. Giusto, penso io, anzi: c'è Max all'ancora qui fuori,

Incontri nel blu

Tre barche in fila dirette a sud. Io verso est. Ci osserviamo per un miglio. Io dritto per la mia rotta, loro dritte per la loro. La prima accelera e accosta un pochino a sinistra, per lasciarmi in dubbio se mi prenderà in pieno o mi passerà davanti per 20 metri. La seconda si mette dietro alla prima, a 30 metri, in formazione come le lame di un rasoio per veri uomini. La terza accosta di mezzo grado alla sua destra, e mi lascia libera la rotta già di lontano.  Arrivati a 40 metri dalla collisione io cedo, e scontro il timone a dritta per un 360 plateale che sta a dire forte e chiaro: 1) sto manovrando io, ormai, se anche conosceste le regole non vi fate venire in mente idee strane e 2) siete degli stronzi, visto che siete voi a venire - siamo tutti a motore - da sinistra.  Mi infilo appena dietro alla seconda, odiandoli appena un poco. Il primo skipper, barca charter  con bandiera slava  spalmata di corpi bianchi e mollicci, mi saluta innocentemente mentre sfreccia veloce inc

Un caldo pomeriggio greco

Il bagno elettrico è una delle mie tante preoccupazioni: fa compagnia al verricello e all'autopilota nella lista delle Entità che, quando si guasteranno - perché tutto prima o poi si guasta, a bordo - mi lasceranno, guarda caso, nella merda.  Da un paio di giorni proprio il bagno elettrico ha cominciato a scaricare male. Sarà la girante, ho pensato, che è il pezzo più assurdo che uno possa andare in giro a chiedere nella Disneyland finto greca che mi circonda qui a Skiathos. In realtà non avevo idea di come fosse fatto un bagno elettrico: l'ultima volta che l'avevo smontato avevo appena comperato la barca, e non capivo nemmeno da che parte girarla per trovarne la prua. Avevo sostituito il pezzo, saturo di roba non mia, e dimenticato più in fretta possibile l'intera esperienza. Notare l'uso dei tempi verbali. Perché ieri, nel caldo pomeriggio di una Grecia martirizzata dal sole, invece di sciogliermi su una spiaggia, o risparmiare ore di vita cadendo in u

Fuori Luogo

Mentre scrivo, le note di Boccherini scivolano morbide sulle acque di seta di questa baia deserta. Duna è sulla sua ancora migliore, accostata di poppa alle rocce basse della riva. A sud ci protegge l'Eubea, e oltre i pini del promontorio, qui davanti a noi, capo Artemisio impone la sua millenaria presenza.  Siamo nel mare degli eroi.  Qui di fronte è la baia dove le navi di Serse cercarono scampo dopo che la tempesta improvvisa ne aveva affondate 400, e poco più in là si nascondevano i Greci, pronti per i loro attacchi improvvisi, al calar del sole, per non dar modo ai Persiani di difendersi con le intere loro forze.  Siamo arrivati a vela, ritardatari e per questo soli nel vasto oceano che l'orizzonte racchiude, e abbiamo visto in lontananza navi fenicie in ricognizione, vedette sui capi lontani, triremi in agguato tra le correnti insidiose dello stretto. Lingue antiche, dimenticate, incompresibili, urlavano ordini ormai consumati dal tempo, mani callose maneggiava

La cimetta verde

Sono in acqua da tre giorni, dopo una settimana di cantiere. Ho montato i gradini all'albero, ho cucito lo sprayhood, ho ispezionato il serbatoio del gasolio, ho rianimato la luce di fonda, ricostruito la luce del ponte che nuova pare qui non esistere ("Patented", mi ha fatto Pavlos, il proprietario della ferramenta nautica in piazza, dopo che da un involucro rotto in plastica, una lingua di alluminio, un led e nastro isolante, autoagglomerante, termorestringente, butilico, è uscita fuori il mio nuovo, funzionante, fanale). Ho anche saldato il nuovo connettore dell'antenna VHF, in testa d'albero perché di cavo nuovo non ne ho trovato, appeso con quindici metri di prolunga legati alla cintura e collegati giù all'inverter del tavolo di carteggio. Ho cambiato il sitema di borose, ho cucito nuovi anelli per le mura della randa, montato una presa USB sotto il quadro elettrico, smontato la girante, le cinghie, il filtro, controllato l'olio dell'invertitore.

Conavigazione 2017

Come sapete, lo scorso anno ho inaugurato il progetto di conavigazione ( qui il link ), messo in atto poi con un discreto successo e molta soddisfazione. I vecchi e i nuovi amici venuti a bordo non solo si sono trovati bene, non solo continuano a salutarmi, ma mi hanno già contattato per conoscere la rotta di questa estate e provare a raggiungermi. Alcuni sono stati coprotagonisti delle avventure narrate nel mio ultimo libro  e, sorprendentemente, non hanno avuto di che lamentarsi né di quanto da loro vissuto né di come lo ho raccontato. Date le premesse, mi sembra naturale riproporre anche quest'anno la stessa formula di imbarco e condivisione. Qui sotto provo a sintetizzare la rotta finora più probabile. La affinerò via via in base alla vostra partecipazione, al meteo effettivamente incontrato e alle mie curiosità del momento. La navigazione comincerà i primo di giugno da Poros . Non c'è una data precisa perché dal 2 al 5 il cantiere che ospita la Duna sarà fermo