Eccola, la nostra barca: il quarantaduesimo Serenity costruito dal cantiere CBS di Fiumicino, varata nel 1981. Lunga 10 metri e sessanta, larga 3 e mezzo, pesca intorno a 1 e 80.
Uno sloop armato in testa d'albero, con un ordine di crocette non acquartierate, e sartie basse doppie.
Ha
lo scafo a spigolo e il bulbo in ghisa. La pinna del timone è stata
maggiorata da uno dei precedenti armatori - ne ha parecchi alle spalle -
nessuno dei quali si è mai premurato di montare un avvolgifiocco: siamo
così uno degli ultimi equipaggi del Mediterraneo a girare con la cabina
di prua piena di sacchi contenenti le diverse vele da ingarrocciare
alla bisogna. Facendo di necessità virtù ci diamo arie da puristi,
perché, si sa: la vela rollata non mantiene il suo profilo più
efficiente e no, non ci dà alcuna noia andare a prua di notte con il
vento che rinforza e il mare già crestato di schiuma a cambiare fiocco
per ridurre la tela; anzi è proprio in queste occasioni che il vero
velista si distingue sopra la massa informe dei marinai della domenica.
Balle:
il rollafiocco è una gran comodità, soprattutto quando si viaggia con
equipaggio ridotto, e le vele umide da imbrogliare alle draglie o da
ripiegare nei sacchi sono una gran rottura di scatole in una crociera di
piacere.
La prima navigazione della Duna coi suoi nuovi armatori Giugno 2010 |
La barca si chiama Duna... Il nome, lo so, ha assunto una connotazione decisamente grottesca da quando la Fiat l'ha utilizzato per una delle sue macchine meno riuscite. Avevamo anche pensato di cambiarlo, anni fa, per uno che meglio si adattasse alle nostre pretese romantiche. Mio
padre, Giancarlo, coarmatore, non è stato d'accordo, e oggi, a distanza
di tre anni, sono contento della decisione presa: Duna ci piace così
com'è.
Nel porto di Civitavecchia Maggio 2012 |
Nel 2009, appunto, io e mio padre comprammo la barca a Fiumicino, da
tale Daniele, che in alcuni anni aveva provato a restaurarla partendo
evidentemente da uno stato prossimo alla demolizione. Alcuni dei suoi
interventi sono stati ben riusciti, alcuni meno. Altri, pochi, per
fortuna, hanno retto quel tanto che è bastato a vendere. Ma in generale
Daniele ci ha lasciato una barca in ordine, con armo, motore, bulbo,
timone, impianto elettrico e linea di ancoraggio pronti a prendere il
mare: cosa che abbiamo fatto fin da un paio di mesi dopo l'acquisto, per una breve crociera tra Elba, Corsica e Giglio.
In questi anni abbiamo sistemato alcune cose, migliorato altre, combattuto contro magagne incancrenite - rendere stagno un oblò non consenziente può essere un'operazione assai frustrante, per dirne solo una - e la lista dei desiderata è ancora lunga.
Pare faccia parte delle gioie e dei dolori dell'avere una barca.
Mi sento di dare qualche altra informazione: il motore è un glorioso OM636, un Mercedes concepito subito dopo la seconda guerra mondiale, un mulo prodotto in qualcosa come 225000 esemplari e utilizzato per automobili, furgoni, mezzi da lavoro, trattori, gruppi refrigeranti, barche. Questo è positivo perché, nonostante sia uscito di produzione da decine di anni, c'è ancora un grosso smercio di pezzi di ricambio.
La marinizzazione, qui in Italia, è stata curata dalla Nanni.
Gli interni sono quelli originali - i legni non sono al loro massimo splendore, ma il loro restauro è abbastanza in basso nella scala delle priorità - con cabina di prua, cabina di poppa, una cuccetta di guardia che noi utilizziamo come magazzino ma che potrebbe contenere comodamente due persone, due divani in quadrato. In teoria otto posti letto, nella pratica abbiamo provato finora a dormirci in quattro, con grande soddisfazione.
Abbiamo 100 litri di carburante in un serbatoio di plastica - quello originale in acciaio è stato sostituito recentemente - circa 300 di acqua in due serbatoi flessibili. 400 Ampere di batterie servizi, 100 per quella del motore.
Un frigo a pozzetto, nuovo, una cucina a gas, vecchia. Un autopilota, che forse avrei dovuto elencare prima.
Le dotazioni di sicurezza sono quelle per la navigazione senza limiti, le più adatte ai nostri progetti.
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