È notte fonda. Siedo su una roccia un poco discosta dal falò, e protetto dall'ombra osservo la scena. Mala e Filippo, i volti chiari illuminati dalle fiamme; le ombre corrono taglienti sui loro lineamenti e si fondono col nero della notte. Più in là, di tanto in tanto, un chiarore appena accennato mi ricorda che la Duna galleggia su sei metri di fondo e due ancore poco distante da noi. Osservo la scena da fuori, sono con loro ma non come loro. Diego si china sul catino e ne estrae la sacca del vino di Cefalonia che ha viaggiato con me per quasi un anno. Ne riempie i bicchieri, li fa girare - Ila ride, me ne sfugge il motivo ma sono sicuro che è buono - e brindiamo, sotto le stelle greche che il nostro fuoco sale alto a toccare. Siamo arrivati qui nel pomeriggio. Un posto incantato, un ancoraggio che nessuno segnala, voluto, trovato, permessoci solo da un Poseidone particolarmente clemente. Abbiamo avvicinato lentamente la costa. Io al timone, Ila ...