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Visualizzazione dei post da agosto, 2015

La fine del sorcio

Vathi, Samos. Siamo arrivati qui dopo 50 miglia di navigazione, che per noi, anche a velocità smodata, calcolando le manovre e quant'altro, son sempre nove ore. Nove ore per passare dalla nostra splendida e deserta ultima rada turca, occupata di straforo dato che l'uscita ufficiale risale ormai a una settimana fa, alla Grecia, lavando così simbolicamente il fastidio del nostro primo rientro, quello da Ayvalik a Mytilene.  Stiamo correndo verso sud, c'è un aereo da prendere, e così viaggiamo con il vento che troviamo. E per i nostri standard è tanto, e l'onda nei passaggi più difficili quantomeno fastidiosa, stancante senz'altro. Ma ora siamo arrivati. Ci siamo messi all'inglese nella banchina di fronte al Comune.  I lavori dello scorso anno sono finiti, e troviamo trappe e corpi morti, e colonnine di acqua ed elettricità, e panchine nuove di zecca, ovunque. Rinfoderiamo l'ancora, che avrei voluto calare per tenerci discosti dalla banchina, e usiamo all&

Lasca catena!

Panagiotis è appoggiato allo strallo, a prua della Duna, e agita le braccia verso la barca a motore in arrivo,  rosso in volto. Poi si gira verso di me e mi fa, ammiccando: "patented captain", alza le spalle e riprende a urlare "Lasca catena!", più tutte una serie di altre indicazioni in Greco stretto - eco di risate dal pubblico, è il suo show - dirette al motoscafo che, col forte vento al traverso, da un buon quarto d'ora se ne va a spasso per il porto senza riuscire a puntare verso la banchina. Sulla mia destra Antoni sorride ironico appoggiato al corrimano dello yacht, quando incrocio il suo sguardo mi strizza l'occhio come a dire "se non son matti non li vogliamo". Alla mia sinistra, sulla barca a vela oltre il posto libero, il Tedesco presidia la prua del charter dei bimbi francesi, anelando ad afferrare la cima sopravvento dell'amico greco in arrivo. Quando l'amico finalmente arriva, e lancia la cima, si viene a scoprire che a fo

L'altra faccia della medaglia

È con commozione sincera che, nel mezzo del braccio di mare che separa l'arcipelago di Ayvalik da Lesbo, caliamo la bandiera turca e la sostituiamo con quella greca. Siamo partiti stamattina da una baia sperduta, isolata, splendida, nel lago interno dell'arcipelago, spinti da un Meltemi che prima o poi doveva arrivare e, nuntio vobis mica magno cum gaudio, è arrivato. Con tre mani di terzaroli alla randa facevamo cinque nodi e mezzo. Sei e mezzo al lasco con anche il fiocco terzarolato. Poi, in mare aperto, la velocità è calata, tra i quattro e i cinque e mezzo, ma non abbiamo fretta, i rinforzi e le raffiche sono sempre in agguato e poi, rimanga tra noi, il primo giorno di ventone mi mette sempre ansia. Siamo finalmente in Grecia, terra promessa dopo 120 miglia di mare di Marmara,  40 di Dardanelli e 80 di Egeo turco. Da Istambul solo rade fino ad Ayvalik che, da quel che ho visto in miseri due giorni, merita davvero una visita sia per il luogo che per le persone. Sia

Elogio della marineria a pagamento

Lo vedo da lontano prendere la scorciatoia tra le isolette. È un ketch. È grande, enorme anzi. Batte bandiera inglese. Noi siamo in anticipo sull'orario previsto di arrivo, merito di zio Nanni oggi, e già pregusto il tuffo nelle acque che devono senz'altro essere cristalline, data la distanza dell'isola da qualunque rotta mai da me immaginata. Accosto e attraverso lo stretto che mi separa dall'imbocco della baia prescelta, accosto di nuovo, e mi infilo tra le basse pareti rocciose. Con la coda dell'occhio lo vedo di nuovo, lontano, il ketch inglese. Rallento un po', mancano poche centinaia di metri e poi dovremo scandagliare il fondo per scegliere dove e come dare àncora. Mi giro: il ketch ha accelerato, e viene nella nostra direzione. Certo l'intera isola appare deserta, e per un attimo mi domando perché non abbiano deciso di ancorare in qualche altro luogo, ma nella baia c'è posto per tutti. Poi loro pescano di più, dovranno rimanere necessari

Benvenuti in Turchia

Siamo in Turchia, cazzarola, e chi l'avrebbe mai detto? Qui è un casino di voci nuove, colori, suoni, odori. È un casino, è frastornante, è magnifico, è inquietante. Da dove comincio? Siamo stati a Troia, certo, ma questa me la gioco in un post a parte. Allora magari parto dall'origine, con il viaggio da Limnos… C'è un episodio niente male nello stretto, a poche miglia da Çanakkale, ma anche questo volevo separarlo, farne una storia a sè. E allora vado di impressioni sparse, immagini casuali, vado. Qui nessuno parla inglese. Però, dici, comunque ti capisci a gesti, mia faza mia raza e altre menate simili… e invece no. Per dare un'idea, se qui a gesti spari un "ma de che" dall'altra parte capiscono "ammazza che figo". Non si può, semplicemtente. Comunicazione ridotta al minimo, sorrisi. Parlo italiano, almeno son sicuro di non essere frainteso. Poi c'è google translator, lo usano da touch screen. Vado a comprare la sim e mi viene letto

Mamma li Turchi

Si presenta col suo motoscafo nel tardo pomeriggio davanti alla banchina superaffollata di Myrina, e punta uno spazio largo poco più di due metri. Vuole infilarsi tra un charterista turco targato Delaware e il Greco che fa uscite giornaliere con la sua barca a vela. Alle proteste di quest'ultimo, il Turco a motore fa uscire in coperta i due figlioletti biondi e prorompe in un appello angosciato: "non hai figli, tu?" Senza aspettare risposta butta giù l'àncora e accelera, affondando la sua poppa quadrata nel sinuoso mascone delle due barche a vela. Sulla plancetta di poppa la moglie (che vista da qui fa un figurone, ma a detta del Triestino ormeggiato più in là è completamente rifatta), in un completino attillato da spiaggia, sorride sicura della superiorità della sua gens dietro i suoi grandi occhi ornati di trucco pesante. Ovviamente lo spazio non c'è, ma il Turco non demorde, e continuando a esibire i figli come prova e stimolo della sua innocente ostin

E se Ulisse e Diomede...?

Luciano ci ha segnalato un bel ridosso, isolato, solitario, sull'isolotto Sarakino, qui davanti. Io mi studio i portolani, le carte, le immagini satellitari (cercando di indovinare dalle rughe delle onde la rotazione dei venti e la direzione delle raffiche), le previsioni meteo confrontate sui due tre siti di cui più mi fido da queste parti. E alla fine stabilisco che daremo àncora altrove. A un paio di miglia, ridossati dal SE, e in modo che l'eventuale mare lungo, entrando dopo la strettoia  e rimbalzando sulle scogliere, si perda nelle diramazioni di questo golfo. Dove, non ve lo dico, è troppo bello, è uno di quei posti che o ci si arriva per volontà divina - o per Caso, a seconda delle preferenze - o è meglio (per l'equilibrio generale dell'Universo, intendo) non disturbare affatto con la propria presenza. Gli indizi, però, ci sono. In condizioni normali, questo sarebbe un posto da evitare. "Fierce gusts", commenta Heikell, "Se passi da queste p