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Visualizzazione dei post da agosto, 2014

Il matrimonio

"Il matrimonio è l'arte di risolvere in due tutti i problemi che prima, da solo, non avevi": questa fu, diversi anni fa, la frase con cui un mio caro amico commentò la notizia dell'avvenuto fattaccio. Durante gli ultimi due lustri, e più, molte volte ci siamo ricordati a vicenda, o rinfacciati a vicenda, a seconda dell'umore, quanto profetizzato da Massimo. Ma capitano anche quelle occasioni in cui un uomo e una donna - animali diversi per aspetto, abitudini sessuali e dieta - si uniscono con successo per il loro bene comune. Anche "altre" occasioni, intendo. Un classico esempio è l'ancoraggio. C'è un primo stadio in cui l'uomo cerca la quiete dopo la tempesta, una notte rigenerante, un posticino appartato dove stappare una bottiglia di vino al chiaro di luna e poi chissà come va a finire. La donna cerca il facile accesso alla "civiltà": le luci, i negozietti di bigiotteria. Il markettino lì vicino al porto è solo una scus

300 dico 300

Premesso che ho sempre avuto grande stima per i velisti francesi: 300 dico 300 metri di spiaggia completamente libera. Io calo l'àncora su 7.5 metri di fondo e do 40 metri di catena verso il largo: il vento tira da terra. Dopo un'ora il vento gira debole da mare, e proprio allora arriva uno strafuttuto catamarano d'oltralpe, che dio li seghi tutti (gli strafottuti catamarani, intendo) e si piazza tra me e la spiaggia. Io gentilmente gli dico guarda, ho dato 40 metri sui 7.5, ora io sono a 8.3, vuol dire che la mia ancora è esattamente sotto a te, domattina salpo alle 6: regolati. Il comandante fa finta di non capire, poi fa la faccia stupita, non ci crede. Fino a che qualcuno dell'equipaggio lo chiama a prua e gli indica il mio calumo (ortogonale al suo perché loro ancorano così, alla minchia du chien) e lui sembra sfanculizzarsi... ma no, ti pare che mi dà soddisfazione... Eccolo che ridà àncora. Di  nuovo in linea con me però, furbo, 10 metri più avanti. L

L'Egeo senza Meltemi

È la prima volta che siamo qui, per cui non siamo in grado di apprezzare alcuna differenza rispetto agli anni passati quando, per l'appunto, eravamo altrove. Abbiamo però il nostro fido portolano, quello scritto dal mitico Rod (non me ne voglia Francesca, ma il suo libro è uscito che noi avevamo già passato Corinto), il quale con grande sicurezza e una notevole dose di ironia - parlo dell'edizione originale inglese, non so come sia uscita la traduzione - elenca e descrive i migliori ridossi dal Meltemi. Arriviamo a Serifos in tardo pomeriggio. Il molo è stracarico, con barche ormeggiate all'inglese affiancate al nulla pur di essere lì ora, la rada ci ricorda i ristretti spazi italici. Fiduciosi, e baldanzosi perché ormai son due mesi che siamo a zonzo e cominciamo a sentirci fighi, facciamo un paio di passaggi, poi ci infiliamo tra due barche e al comando "fila!" l'àncora cala sul fondo, fa testa. La barca si blocca, la frizione del verricello scorre

Giro di boa

Partenza programmata per stamattina all'alba, ed è infatti con il sole di mezzoggiorno a picco che abbiamo lasciato il molo del Leros Marina aiutati da Baba e dal suo tender di servizio. Fuori da Ormos Lakki, via dalle raffiche improvvise, abbiamo issato randa e fiocco e messo la prua a Ovest, diretti a Levitha.  Ora siamo qui, al gavitello di Manolis, aspettando che si faccia l'ora di sbarcare a remi e salire la collina fino alla sua taverna, come promesso. Ci fa compagnia un bicchiere di Bianco di Custoza - ancora lui - olive, patatine, i tuffi discreti dei vicini, un generatore poco lontano, l'acqua azzurra, trasparente, che impietosamente mostra i filtri del gasolio del pescatore che solitamente usa questo stesso ormeggio, incrostati di alghe, e altri oggetti di uso comune incastonati nel fondo. In superficie, l'anomalo vento da sud sta lentamente accumulando cicche, frammenti di plastica, altri oggetti galleggianti non meglio definiti, tra cui nuotano

l'Aladdin

Era l'11 di luglio, quando sfuggendo al mare grosso in poppa la Duna e il suo equipaggio si infilavano col fiocco ancora a riva nel porto praticamente deserto di Kiato. Dopo la rocambolesca ammainata, il vento di nordovest sparava la bugna dritta in faccia della prodiera, faticosamente lo skipper avvicinava a motore il molo di sopraflutto, dove aveva adocchiato un'altra barca e, soprattutto, una figura amichevole pronta ad aiutare l'ormeggio. Abbiamo scambiato poche parole, sono quasi convinto che il suo nome fosse Moreno, ma è passato un po' di tempo e poi sono una frana coi nomi. Ma so per sicuro, perché me lo dice Manu che in queste cose invece non scherza, che la barca di cui era equipaggio insieme a due amici era l'Aladdin. "Da dove venite?", "Dove siete diretti?" scambi di informazioni tra noi e l'unica altra barca in porto. Loro vengono dal Dodecaneso, e quando sveliamo che Leros è la nostra meta ipotizzata, sognata, scopr