Ecco il vento. Arriva da destra, montando piano piano. La tela si tende, la vela si gonfia e la barca si accoccola un poco sul fianco. Spengo il motore e mi dò da fare al fiocco. Mano mano che la drizza ala la penna a riva, il mucchio informe di tessuto, consumato, macchiato, sdrucito dagli anni, si trasforma aprendosi al vento come i petali di un fiore si schiudono al sole. Bianchi contro l'azzurro del cielo. La vela si riempe, il vento rinforza e la barca prende finalmente vita. L'acqua canta ora sulla carena. Il mare si scansa risalendo il dritto di prora davanti a noi, e ci insegue, e ci spinge da poppa con le sue onde più gentili. Sbandati quanto basta sul fianco sinistro, navighiamo veloci verso il nostro ridosso notturno. Non ci sono spruzzi, nonostante il bianco delle creste sia ben riconoscibile ora tra il blu intenso che ci circonda. È una lunga corsa, e noi la assecondiamo regolando le vele, correggendo la rotta, controllando con bussola e binocolo il nostro pr