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Visualizzazione dei post da 2014

Lo spi di bolina

Io arrivo un po’ prima, sbarco le ultime cose, preparo le cime, sciolgo gli spring e li lancio in banchina. La Duna va in cantiere, a Fiumicino, sfruttando quella che sembrerebbe l’unica finestra favorevole dell’intera settimana, o dell’intero mese, a quanto posso sapere. Le diverse previsioni, dopo aver oscillato per giorni ognuna per conto proprio, hanno finalmente trovato un accordo, e sentenziano tramontana, o meglio grecale, Nord Est, F4, per tutto il tragitto. Io mi fido e non mi fido, e nell’eventualità che la realtà sbagli e non si allinei a tanti siti meteo consultati, riporto a bordo lo spinnaker. Hai visto mai. Quindici nodi di tramontana significano anche freddo, e me lo conferma per telefono Daniele, lui scende giù dai monti, “Faccio tardi, ho dovuto prendere la strada più lunga perché qui è tutto ghiacciato”. Me lo vedo arrivare in banchina verso le nove e mezza, tutto bardato stile esquimese, come me del resto. “Sotto ho la calzamaglia, e in borsa il pass

La rotta facile

Questa volta scelgo la rotta facile, mi dico. Invece di farmela diretta da Cefalonia verso lo Stretto, sarebbe la quarta volta in due anni, salgo fino a Paxos, parto la mattina presto, e il pomeriggio successivo, dopo una sola notte di navigazione, mi fermo a riposare a Crotone. Una traversata pianificata con cura quasi maniacale. Compreso un rudimentale routing raffazzonato con il compasso aperto sulle 25 miglia (le mie 6 ore) e il tablet a scorrere le previsioni del vento. Prima mossa, quindi, spostarsi da Nidri e andare ad  ancorarsi a Lefkas. Pare sia possibile farlo tra il marina e il molo comunale: lo accenna Heikell nel suo "Ionian", me lo ha confermato Giorgio a Messolonghi. Da lì, imboccherò il ponte alle 8 e andrò a passare la notte a Gaios. Notte un po' delicata, perché caratterizzata da un salto di vento da libeccio a maestrale che sembra tanto legato ad una saccatura.  Un fronte temporalesco,  insomma, anche se non è così immediato ricavarlo dalle c

Tra il giorno e la notte

Viaggio verso nord. Partito prima di pranzo da Chiaia di Luna spinto al lasco dallo stesso levante rafficato che mi ha cacciato ieri dal Frontone, sfilo al tramonto 12 miglia al largo delle luci di Anzio. Il vento è calato da un pezzo. Poi è rimontato, ha dato scarso, è scemato. E io ho sciolto le mani di terzaroli alla randa, poi al fiocco, che poi ho ammainato e issato e ammainato di nuovo. Ora è imbrogliato alle draglie di dritta, in attesa della prossima buona occasione per mettersi in mostra. Questa è l'ultima tappa del viaggio, sto tornando a casa. Randa e motore verso nord, col sole che cala alla mia sinistra e le nubi che crescono alla mia destra. Le previsioni danno una notte tranquilla. Maestralino leggero fino alle 2, poi rotazione oraria fino a un levante decente qualche ora prima dell'alba. Potrebbe essere quella, l'occasione buona per il fiocco. Ma ora, al tramonto, preferisco rispettare le Nubi e le Acque, e così mi aggancio la cintura di sicure

Ponza - Grecia

Ponza, baia di Lucia Rosa, un lunedì di fine settembre. Duna ondeggia placida assecondando il refolo di grecale che ogni tanto scivola giù dalle pareti a picco. Io, imbrogliate da un pezzo le vele, siedo in pozzetto ad ascoltare i fringuelli duettare dal boschetto di pini là sulla cresta. La baia, a parte me, è deserta. Siedo in pozzetto, vino bianco greco, ghiacciato, nel bicchiere, patatine comprate a Castellammare in grembo, indeciso se perdermi nel fruscio delle onde che carezzano la spiaggia, nelle sfumature colorate del tramonto, nelle ombre che avanzano lievi a coprire le rocce, il mare, me e la mia Duna, o seguire l'impulso - la necessità quasi - di scrivere. Ponza, l'isola che accompagna i miei viaggi per mare. Qui mi sono riposato a giugno, dopo una traversata volata sulle ali di un maestrale rabbioso, qui mi riposo ora, atterrato a Chiaia di Luna dopo una notte terzarolato col grecale il poppa. Viaggiare a vela è anche avere la pazienza di aspettare i

Il panino

Proprio un paio di giorni fa ero seduto ad un tavolaccio di plastica ai piedi della rocca di Scilla. La signora del chiosco mi aveva consigliato la sua specialità: panino con pesce spada, pomodori, capperi e chissà cos'altro, e io l'avevo gustato mugolando di piacere a pochi metri dal mare. Sullo sfondo, oltre i gozzi dei pescatori a secco sullo scivolo, oltre i corti moli del porto, la Duna beccheggiava alla boa, impaziente di iniziare una nuova navigazione. Che bontà, quel modesto panino appena fuori da Chianalea coi suoi bed and breakfast gremiti di tedeschi e i suoi ristoranti i dai nomi altisonanti! Oggi, poco meno di 24 ore dopo essere salpato da Scilla, sono ancora in mare. L'idea originaria era quella di arrivare a Cetraro e, data la velocità media cui spingo di solito scelleratamente la Duna, grosso modo 4 nodi, contavo di essere lì nel primo pomeriggio. Sennonché gli eventi hanno deciso diversamente. Intanto ieri, all'altezza di Bagnara Calabra, è e

Guido io vorrei

Tranquil Bay, una sera di settembre. Per tutto il giorno ho consultato siti meteo, divaricato compassi su carte nautiche stampate in casa, scritto a matita note su miglia, gradi bussola, ore di partenze e relativi arrivi. Sto rientrando in Italia, e il maltempo unito alla vastità dello Ionio mi tengono in ansia, talmente in ansia che si fa strada in me l'ipotesi, suffragata e anzi giustificata dalle previsioni ad oggi disponibili, di tagliare direttamente da Paxos allo Stretto di Messina senza nessuna tappa intermedia. Tanto per togliermi il dente e passare oltre.  Ora, sgomberato in parte il tavolo della dinette, mi dedico al problema alimentazione. La cena prevede frittata di zucchine e torta locale all'arancio, annaffiati da vino rosso della cooperativa Robola di Cefalonia. Soffriggo le zucchine con uno spicchio d'aglio, sbatto due uova con un po' di latte, aggiungo un cucchiaio di yogurt e, all'ultimo momento, colto da ispirazione, sostituisco il parm

come complicarsi la vita in poche, semplici mosse

Il maestrale soffia gagliardo aggirando Nisos Oxia, sicché io, che devo lasciarmela a dritta per raggiungere Limin Petalà, ce l'ho dritto in faccia da quando monta, esattamente a metà giornata, a quando dopo una infinità di bordi funestati da onda corta e ripida riesco a scapolare le secche dell'Akheloos e a puntare di bolina larga appena sopravvento all'imboccatura della baia. E pensare che doveva essere una giornatina tranquilla, un assaggino, un incipit morbido, del viaggio di ritorno ormai improcrastinabile.  Stamattina ho lasciato la laguna di Messolonghi e gli amici scortati fin lì - un po' fuori strada in effetti - per via della pompa del raffreddamento in fin di vita. Hanno il mio stesso motore (anche la stessa barca, se è per questo), e vivo ogni loro problema come un anticipo di quello che mi capiterà, prima o poi.  Stamattina, quindi, ho acceso il motore, salutato tutti, Messolonghi pare sia uno di quei posti dove in pochi giorni ti senti a casa, e

Intermezzo tecnico

"Il tuo fiocco piccolo andrà benissimo per quando Lui arriverà",  mi diceva premuroso Nicola. "Ti invidio la tua trinchetta", la gentile Francesca. E noi con il fiocco piccolo e due mani alla randa, ancora spaventati per la sventolata presa tra capo e collo a Kea, ad aspettare Lui. Vedendo gli altri intorno a me veleggiare incuranti con tutta la tela a riva, sorridevo tra me e me, li consideravo stolti, celando l'invidia segreta per le loro vele avvolgibili - il garroccio è una scelta di vita di cui andare orgoglioso, soprattutto quando i soldi per il rollafiocco non li hai - finendo in entrambi i casi col compatirli perché prima o poi sarebbe arrivato Lui, e avrebbe fatto piazza pulita di tutti coloro che Gli mancavano di rispetto prendendola con tanta allegria. Quanto ero serio, io, e quanto mi sentivo figo con il mio fazzoletto ingarrocciato, che mi spingeva a quattro nodi quando il vento sparava la schiuma via dalle onde e mi costringeva a smotorare q