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Visualizzazione dei post da giugno, 2017

Un caldo pomeriggio greco

Il bagno elettrico è una delle mie tante preoccupazioni: fa compagnia al verricello e all'autopilota nella lista delle Entità che, quando si guasteranno - perché tutto prima o poi si guasta, a bordo - mi lasceranno, guarda caso, nella merda.  Da un paio di giorni proprio il bagno elettrico ha cominciato a scaricare male. Sarà la girante, ho pensato, che è il pezzo più assurdo che uno possa andare in giro a chiedere nella Disneyland finto greca che mi circonda qui a Skiathos. In realtà non avevo idea di come fosse fatto un bagno elettrico: l'ultima volta che l'avevo smontato avevo appena comperato la barca, e non capivo nemmeno da che parte girarla per trovarne la prua. Avevo sostituito il pezzo, saturo di roba non mia, e dimenticato più in fretta possibile l'intera esperienza. Notare l'uso dei tempi verbali. Perché ieri, nel caldo pomeriggio di una Grecia martirizzata dal sole, invece di sciogliermi su una spiaggia, o risparmiare ore di vita cadendo in u

Fuori Luogo

Mentre scrivo, le note di Boccherini scivolano morbide sulle acque di seta di questa baia deserta. Duna è sulla sua ancora migliore, accostata di poppa alle rocce basse della riva. A sud ci protegge l'Eubea, e oltre i pini del promontorio, qui davanti a noi, capo Artemisio impone la sua millenaria presenza.  Siamo nel mare degli eroi.  Qui di fronte è la baia dove le navi di Serse cercarono scampo dopo che la tempesta improvvisa ne aveva affondate 400, e poco più in là si nascondevano i Greci, pronti per i loro attacchi improvvisi, al calar del sole, per non dar modo ai Persiani di difendersi con le intere loro forze.  Siamo arrivati a vela, ritardatari e per questo soli nel vasto oceano che l'orizzonte racchiude, e abbiamo visto in lontananza navi fenicie in ricognizione, vedette sui capi lontani, triremi in agguato tra le correnti insidiose dello stretto. Lingue antiche, dimenticate, incompresibili, urlavano ordini ormai consumati dal tempo, mani callose maneggiava

La cimetta verde

Sono in acqua da tre giorni, dopo una settimana di cantiere. Ho montato i gradini all'albero, ho cucito lo sprayhood, ho ispezionato il serbatoio del gasolio, ho rianimato la luce di fonda, ricostruito la luce del ponte che nuova pare qui non esistere ("Patented", mi ha fatto Pavlos, il proprietario della ferramenta nautica in piazza, dopo che da un involucro rotto in plastica, una lingua di alluminio, un led e nastro isolante, autoagglomerante, termorestringente, butilico, è uscita fuori il mio nuovo, funzionante, fanale). Ho anche saldato il nuovo connettore dell'antenna VHF, in testa d'albero perché di cavo nuovo non ne ho trovato, appeso con quindici metri di prolunga legati alla cintura e collegati giù all'inverter del tavolo di carteggio. Ho cambiato il sitema di borose, ho cucito nuovi anelli per le mura della randa, montato una presa USB sotto il quadro elettrico, smontato la girante, le cinghie, il filtro, controllato l'olio dell'invertitore.