Ho fatto una cazzata. Di quelle che poi raccontano gli altri, su di te, terminando poi con “Chi sa poi perché l’ha fatto, non era da lui”. Invece ho avuto fortuna, e sono qui a raccontarlo io in prima persona, senza giustificazioni finali a risollevare la mia figura. Sono ancora vivo, e avrò spero altre occasioni per farlo. Sempre che abbia un senso. Sono fuori casa per lavoro da tre settimane. Da due qui a Marina di Ravenna. Sono tre settimane che mi alzo all’alba, scendo al porto sperando di trovare il bar aperto per un caffè - ancora non ho capito che orari faccia, il bar - arrivo in barca, monto i computer, collego i cavi, accendo il motore e aspetto il mio collega spagnolo. Lui in realtà è Basco. A parte dal cappello, lo si può subito indovinare dall’aspetto alto e allampanato, duro e silenzioso, appena stemperato dal suo essersi ribellato in giovane età: scoperto il sole a Tenerife, durante gli anni dell’università, a prendere il freddo di Bilbao non c’è più tornato. Ma il giovan