Siamo in Veneto. La campagna scivola accanto a noi mentre viaggiamo alti sugli argini. Casali in diversi e progressivi stadi di abbandono passano in basso, succedendosi a capannoni industriali, a ville moderne, a condomini. I vigneti pian piano spariscono. I castelli, le tenute nobiliari si rarefanno o vengono nascosti dai silos. Non c'è una vera città, non c'è una vera campagna. Un'eterna periferia prende piede man mano che procediamo verso nord diretti a Castelfranco.
Sfioriamo Este, dove appena lo scorso anno frequentavo il corso da pizzaiolo, deviamo verso Cittadella e i piccoli paesi che la precedono. I nonni di MaLa sono nati qui, e nei loro racconti tornavano spesso i nomi di questi luoghi. La accompagno lungo le strade un tempo sterrate che loro percorrevano in bicicletta. Ora le macchine corrono veloci incuranti delle vecchie chiese affogate dalle costruzioni recenti. Tra i paesi non c'è soluzione di continuità, ma cerco di immaginarmi come doveva essere il paesaggio allora, non dissimile dall'Egeo infinito costellato da isole da navigare a vista. Il verde invece che il blu, e meno onde e schiuma strappata dal vento. E campanili all'orizzonte verso cui pedalare per raggiungere il prossimo porto sicuro, e poi un altro, e un altro.
Mentre MaLa è assorta nel suo viaggio interiore io penso a Luigi Masetti, l'anarchico delle due ruote come lo definì l'allora Direttore del Corriere della Sera, che qui vicino era nato nel 1864. Con questa pianura negli occhi, aveva viaggiato lentamente, con la sua bicicletta "Eolo", fino a Costantinopoli, il Cairo, perfino Chicago descrivendo persone e luoghi con poesia e trasporto. Ho saputo di lui ieri, da un libro propostoci da Rachele che ci ha subito incuriosito. Quando qualcuno chiedeva la sua età, Masetti rispondeva togliendo dal calcolo i sette anni, dagli 11 ai 17, passati chinato su questi campi a coltivare la terra. Forse anche io dovrei togliere qualche anno dal conto, e cominciare a considerarli da quando ho preso per la prima volta il mare e issato per la prima volta la vela.
Arriviamo a Castelfranco in tempo per l'aperitivo. Ospiti a casa di Stefano, troviamo ad aspettarci Fra, il proprietario del genoa che stiamo portando in Turchia; il nostro vicino di barca; il nostro prezioso, sorprendente amico. Lo troviamo con un bicchiere in mano, in strada, pronto a offrirci il primo prosecco della serata. E insieme a lui Stefano stesso, ai fornelli, e i loro amici.
Un'altra serata calda e accogliente come un vino rosso ben invecchiato. I racconti e le risate, i propositi e le promesse. Persone appena conosciute che prendono a poco a poco forma e sostanza, come se l'amicizia fosse un liquido tiepido e profumato che trabocca dai cuori e macchia e inonda tutti quelli che hanno viaggiato fin qui per accoglierla.
PS: Cittadella, ci venivo malvolentieri e male accolto per le partite di hockey in line, in una delle mie vite precedenti. Un'intera giornata di viaggio per un'ora scarsa di adrenalina, un'ora e mezza compresa la rissa finale. E ora mi accompagno a una di loro: la vita è piena di sorprese.
MaLa, invece, l'ha vista così.
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