La Partenza
Dovevamo partire alle dieci. A mezzogiorno abbiamo salutato tutti e siamo partiti in macchina verso nord. A mezzogiorno e dieci eravamo di nuovo parcheggiati davanti al cancello. Lulù, il cane, era probabilmente convinta che fosse per farle altre coccole, in realtà eravamo tornati per recuperare i mie occhiali da sole dalla tasca della giacca nera, frettolosamente riposta nell'armadio insieme a tutto quello che, lasciato in vista, avrebbe potuto dare l'idea di disordine. Dobbiamo stare fuori almeno sei mesi, e ci dispiace lasciare dietro di noi l'idea di disordine.
A mezzogiorno e venti siamo di nuovo salpati, verso nord... anzi no: c'è da salutare Roberto che lavora al centro di Pomezia e scende a prendere un caffè con noi. Tre caffè, di cui uno lungo e uno al vetro. Io per fare lo snob l'ho preso normale.
All'una siamo partiti davvero, abbiamo imboccato la Pontina e siamo saliti di lì fino al raccordo, all'A12, per poi uscire a sorpresa a Civitavecchia: dovevamo fare la scorta di pizza di Pasqua da regalare ai nostri amici lungo la via. Per loro abbiamo anche una collezione di marmellate fatte in casa da MaLa durante l'inverno, una cassa di medie dimensioni che, una volta svuotata, libererà abbastanza spazio per alloggiare nel bagagliaio un genoa medio. Abbiamo molti amici da incontrare, i prossimi giorni.
Il viaggio è proseguito senza sorprese e senza colpi di scena, a parte una divergenza musicale a proposito del ritornello di "Chitarra romana".
"Tanto per cantà, perché me sento un friccico ner core" e fin qui il coro funziona
"Tanto per sognà, perché ner petto me ce nasca un fiore!"
"Naschi" interrompe MaLa
"Come scusa?"
"Naschi, la canzone dice Naschi, tu hai detto Nasca"
E nel frattempo che io mi giustifico sostenendo che Nasca è più italiano e per questo mi viene naturale e lei mi rimprovera che la canzone è in romanesco e in romanesco va cantata, il ritornello finisce, parte la nuova strofa che nessuno di noi due canta perché è l'ultima e chi se la ricorda. Al successivo ritornello mi prendo la rivincita.
"Fiore de lillà, che m'ariporti verso 'r primo amore" in coro, e qui drizzo le orecchie.
"Che sospirava a le canzoni mie, e m'arintontoniva de bucie" canta MaLa
"E no! Non se po' sentire, mica fa così la canzone!"
"Ma sì, è che conosco la versione educata"
"Rincojoniva!" insisto io. "E m'arincojoniva de bucie!" canto, in romanesco. E arriviamo a Genova.
Ce ne accorgiamo dal traffico. Una fila continua parte dal casello, attraversa tutta la città e intasa le vie fino a Sestri Ponente, dove alla Lega Navale ci aspettano Riccardo e sua moglie Manuela. Parcheggiamo la nostra macchina e saliamo sulla loro. Il discorso precipita immancabilmente sul traffico. Ma nonostante il caos prodotto dal crollo del ponte, secondo Riccardo i genovesi si distinguono per la correttezza nel seguire le regole: parcheggiano sì in terza fila, ma solo dove consentito dalle striscie. Mica come a Roma. E mentre dice questo sterza improvvisamente per fare un'inversione a U in curva, tagliando quattro corsie e imboccando uno svincolo in senso opposto. Dietro di noi una macchina suona, nervosa, e il nostro amico fa uno svogliato cenno di scuse, dal finestrino. Erano i carabinieri, che non ci inseguono solo per non mettere in pericolo altre vite imitando la nostra manovra.
Una serata piacevole in una pizzeria qui vicino, tanti racconti e la promessa di incontrarci anche quest'anno in Grecia, magari ad Astipalea, magari replicando la regata Serenity che tanto successo ha avuto lo scorso anno (noi eravamo orgogliosamente arrivati terzi), magari recuperando anche una quarta concorrente. E infine a letto, qui nella barca dei nostri amici, confusa e accogliente come ci aspettiamo di trovare la nostra Duna.
Una bella partenza, una bella giornata. Domani è un altro giorno.
A mezzogiorno e venti siamo di nuovo salpati, verso nord... anzi no: c'è da salutare Roberto che lavora al centro di Pomezia e scende a prendere un caffè con noi. Tre caffè, di cui uno lungo e uno al vetro. Io per fare lo snob l'ho preso normale.
All'una siamo partiti davvero, abbiamo imboccato la Pontina e siamo saliti di lì fino al raccordo, all'A12, per poi uscire a sorpresa a Civitavecchia: dovevamo fare la scorta di pizza di Pasqua da regalare ai nostri amici lungo la via. Per loro abbiamo anche una collezione di marmellate fatte in casa da MaLa durante l'inverno, una cassa di medie dimensioni che, una volta svuotata, libererà abbastanza spazio per alloggiare nel bagagliaio un genoa medio. Abbiamo molti amici da incontrare, i prossimi giorni.
Il viaggio è proseguito senza sorprese e senza colpi di scena, a parte una divergenza musicale a proposito del ritornello di "Chitarra romana".
"Tanto per cantà, perché me sento un friccico ner core" e fin qui il coro funziona
"Tanto per sognà, perché ner petto me ce nasca un fiore!"
"Naschi" interrompe MaLa
"Come scusa?"
"Naschi, la canzone dice Naschi, tu hai detto Nasca"
E nel frattempo che io mi giustifico sostenendo che Nasca è più italiano e per questo mi viene naturale e lei mi rimprovera che la canzone è in romanesco e in romanesco va cantata, il ritornello finisce, parte la nuova strofa che nessuno di noi due canta perché è l'ultima e chi se la ricorda. Al successivo ritornello mi prendo la rivincita.
"Fiore de lillà, che m'ariporti verso 'r primo amore" in coro, e qui drizzo le orecchie.
"Che sospirava a le canzoni mie, e m'arintontoniva de bucie" canta MaLa
"E no! Non se po' sentire, mica fa così la canzone!"
"Ma sì, è che conosco la versione educata"
"Rincojoniva!" insisto io. "E m'arincojoniva de bucie!" canto, in romanesco. E arriviamo a Genova.
Ce ne accorgiamo dal traffico. Una fila continua parte dal casello, attraversa tutta la città e intasa le vie fino a Sestri Ponente, dove alla Lega Navale ci aspettano Riccardo e sua moglie Manuela. Parcheggiamo la nostra macchina e saliamo sulla loro. Il discorso precipita immancabilmente sul traffico. Ma nonostante il caos prodotto dal crollo del ponte, secondo Riccardo i genovesi si distinguono per la correttezza nel seguire le regole: parcheggiano sì in terza fila, ma solo dove consentito dalle striscie. Mica come a Roma. E mentre dice questo sterza improvvisamente per fare un'inversione a U in curva, tagliando quattro corsie e imboccando uno svincolo in senso opposto. Dietro di noi una macchina suona, nervosa, e il nostro amico fa uno svogliato cenno di scuse, dal finestrino. Erano i carabinieri, che non ci inseguono solo per non mettere in pericolo altre vite imitando la nostra manovra.
Una serata piacevole in una pizzeria qui vicino, tanti racconti e la promessa di incontrarci anche quest'anno in Grecia, magari ad Astipalea, magari replicando la regata Serenity che tanto successo ha avuto lo scorso anno (noi eravamo orgogliosamente arrivati terzi), magari recuperando anche una quarta concorrente. E infine a letto, qui nella barca dei nostri amici, confusa e accogliente come ci aspettiamo di trovare la nostra Duna.
Una bella partenza, una bella giornata. Domani è un altro giorno.
PS: Oggi MaLa ha perso il telefono solo una volta, e l'ha ritrovato a fine serata nel suo zaino.
MaLa, invece, l'ha vista così.
Grandissimi... Felice di leggervi ogni giorno.
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