Finiamo la giornata nell'ultimo paese Bulgaro prima della Turchia. Il confine qui è un fiumiciattolo dalle pareti artificialmente scoscese, responsabile un tempo della lunga spiaggia bianca che si allunga verso sud, oltre la bandiera rossa con la mezzaluna che indica senza mezze misure dove l'Europa politica smette di coincidere con l'Europa geografica. Dall'una all'altra non si passa, a Rezovo: bisogna tornare indietro e allontanarsi dal mare per quasi cento chilometri prima di trovare una dogana percorribile in auto.
Per arrivare qui abbiamo comunque dovuto mostrare i documenti alla polizia di frontiera locale, in un posto di blocco improbabilmente spuntato dal nulla sulla stradina rurale che serpeggia nel mezzo di una foresta. I poliziotti non parlano una parola di inglese, ma sorridono. C'è anche il sole, e abbiamo passato la Pasqua su un prato, io MaLa e una cagnetta randagia adottata per un'ora, con pane, salame, formaggio e vino. Il secondo giorno volge al termine, e ancora questa Bulgaria ci piace.
Stamattina eravamo seduti a Nesebar, davanti a una torta di fragole e a un caffè. La cittadina è un sito Unesco, abitata fin dai tempi dei Traci, divenuta poi colonia greca e in seguito romana. Litigata tra Bizantini e Bulgari, con l'intermezzo dei Crociati, fino a quando i Turchi arrivarono a cristallizzare la situazione per quattro secoli. Questo paesino è rimasto abitato da pescatori greci per più di duemila anni. Hanno cambiato lingua, religione, bandiera, ma nonostante questo si sono uniti alla guerra di liberazione del loro paese di origine nel 1821, non ricavandone per giunta nulla. La Storia di un luogo mi aiuta a ordinare le emozioni, su questo rifletto davanti al mio caffè e alla nostra torta. Non è più un caso che ieri sera, a cena, ci siamo sentiti improvvisamente a casa. Né che il volto della ristoratrice ci fosse familiare. E forse il nostro a lei.
Mi viene in mente che ai Caraibi abbiamo portato i clienti a vedere, tra l'altro, Wallalibu Bay. È una baia come qualsiasi altra, forse addirittura peggiore, e a prima vista sarebbe evitabile. Ma anni fa girarono lì alcune scene de "I Pirati dei Caraibi" e, nonostante del set non sia rimasto quasi nulla, questo fa di lei una baia speciale. Fonte di emozioni. Per qualcuno, almeno. Stessa cosa a Mustique, l'isola dei VIP. Alcuni di noi sono andati in estasi al solo vedere i prezzi del menù dell'unico bar aperto ai comuni mortali ma, per quanto mi riguarda, sono pochi i vivi che mi emozionano, e il possedere una incredibile quantità di denaro non è per me motivo sufficiente di ammirazione: anzi, in tal caso tendo ad essere più critico sulla pubblica utilità di quel che si è fatto per averla. In effetti, a conti fatti, i Caraibi non mi hanno detto nulla. Una sequenza piatta di bellissime cartoline inondate dal calore del sole. Non avevo miti associati a quei luoghi. Non stavo incrociando la rotta di un eroe omerico, e non avevo speranza di scorgere sul fondo l'ansa incrostata di un'anfora caduta di mano a un mercante fenicio. E guardavo ogni bellissima spiaggia senza provare emozioni.
Un mio caro amico è venuto da queste parti con la sua barca a vela pochi anni fa. Si documentò minuziosamente. Non solo sulla rotta da seguire, sui porti e i ridossi, ma anche e soprattutto sulla storia, sulla politica, sulla società, sulla letteratura di questi paesi. Preparò con cura le sue emozioni e ammetto di aver pensato, all'epoca, che rischiava di partire in cerca di conferme e non di scoperte. Io tendenzialmente mi comporto in modo opposto: arrivo in un posto volutamente sconosciuto e, visitandolo, mi incuriosisco e sento il bisogno di sapere di più. Per questo, in seguito, cerco notizie storiche e culturali. Tanto che il libro che Luciano scrisse dopo la sua esperienza è rimasto a pagina venti sul mio comodino di Roma, pronto ad essere letto al mio ritorno, dopo aver visitato in prima persona i luoghi di cui parla. Sono due estremi opposti, e certo io non riuscirei mai a preparare così tanto un viaggio senza spegnere nella preparazione buona parte dell'energia che mi occorre per partire. Ma oggi, qui nella minuscola e assolata piazza di Nesebar, mi sembra di scoprire l'acqua calda: si viaggia con la mente prima ancora che con il corpo, e una mente ignorante può farmi attraversare il mondo intero senza riuscire a vedere nulla.
Per il prossimo viaggio dovrò cercare un compromesso, immagino. O forse ripeterò appositamente lo stesso errore per stupirmi più del lecito di fronte alla più banale delle scoperte. Sono testardo, pigro, e in fondo mi accontento di poco.
Nello specifico, una buona connessione internet e una VPN.
Per arrivare qui abbiamo comunque dovuto mostrare i documenti alla polizia di frontiera locale, in un posto di blocco improbabilmente spuntato dal nulla sulla stradina rurale che serpeggia nel mezzo di una foresta. I poliziotti non parlano una parola di inglese, ma sorridono. C'è anche il sole, e abbiamo passato la Pasqua su un prato, io MaLa e una cagnetta randagia adottata per un'ora, con pane, salame, formaggio e vino. Il secondo giorno volge al termine, e ancora questa Bulgaria ci piace.
Stamattina eravamo seduti a Nesebar, davanti a una torta di fragole e a un caffè. La cittadina è un sito Unesco, abitata fin dai tempi dei Traci, divenuta poi colonia greca e in seguito romana. Litigata tra Bizantini e Bulgari, con l'intermezzo dei Crociati, fino a quando i Turchi arrivarono a cristallizzare la situazione per quattro secoli. Questo paesino è rimasto abitato da pescatori greci per più di duemila anni. Hanno cambiato lingua, religione, bandiera, ma nonostante questo si sono uniti alla guerra di liberazione del loro paese di origine nel 1821, non ricavandone per giunta nulla. La Storia di un luogo mi aiuta a ordinare le emozioni, su questo rifletto davanti al mio caffè e alla nostra torta. Non è più un caso che ieri sera, a cena, ci siamo sentiti improvvisamente a casa. Né che il volto della ristoratrice ci fosse familiare. E forse il nostro a lei.
Mi viene in mente che ai Caraibi abbiamo portato i clienti a vedere, tra l'altro, Wallalibu Bay. È una baia come qualsiasi altra, forse addirittura peggiore, e a prima vista sarebbe evitabile. Ma anni fa girarono lì alcune scene de "I Pirati dei Caraibi" e, nonostante del set non sia rimasto quasi nulla, questo fa di lei una baia speciale. Fonte di emozioni. Per qualcuno, almeno. Stessa cosa a Mustique, l'isola dei VIP. Alcuni di noi sono andati in estasi al solo vedere i prezzi del menù dell'unico bar aperto ai comuni mortali ma, per quanto mi riguarda, sono pochi i vivi che mi emozionano, e il possedere una incredibile quantità di denaro non è per me motivo sufficiente di ammirazione: anzi, in tal caso tendo ad essere più critico sulla pubblica utilità di quel che si è fatto per averla. In effetti, a conti fatti, i Caraibi non mi hanno detto nulla. Una sequenza piatta di bellissime cartoline inondate dal calore del sole. Non avevo miti associati a quei luoghi. Non stavo incrociando la rotta di un eroe omerico, e non avevo speranza di scorgere sul fondo l'ansa incrostata di un'anfora caduta di mano a un mercante fenicio. E guardavo ogni bellissima spiaggia senza provare emozioni.
Un mio caro amico è venuto da queste parti con la sua barca a vela pochi anni fa. Si documentò minuziosamente. Non solo sulla rotta da seguire, sui porti e i ridossi, ma anche e soprattutto sulla storia, sulla politica, sulla società, sulla letteratura di questi paesi. Preparò con cura le sue emozioni e ammetto di aver pensato, all'epoca, che rischiava di partire in cerca di conferme e non di scoperte. Io tendenzialmente mi comporto in modo opposto: arrivo in un posto volutamente sconosciuto e, visitandolo, mi incuriosisco e sento il bisogno di sapere di più. Per questo, in seguito, cerco notizie storiche e culturali. Tanto che il libro che Luciano scrisse dopo la sua esperienza è rimasto a pagina venti sul mio comodino di Roma, pronto ad essere letto al mio ritorno, dopo aver visitato in prima persona i luoghi di cui parla. Sono due estremi opposti, e certo io non riuscirei mai a preparare così tanto un viaggio senza spegnere nella preparazione buona parte dell'energia che mi occorre per partire. Ma oggi, qui nella minuscola e assolata piazza di Nesebar, mi sembra di scoprire l'acqua calda: si viaggia con la mente prima ancora che con il corpo, e una mente ignorante può farmi attraversare il mondo intero senza riuscire a vedere nulla.
Per il prossimo viaggio dovrò cercare un compromesso, immagino. O forse ripeterò appositamente lo stesso errore per stupirmi più del lecito di fronte alla più banale delle scoperte. Sono testardo, pigro, e in fondo mi accontento di poco.
Nello specifico, una buona connessione internet e una VPN.
MaLa, invece, l'ha vista così.
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