Ci svegliamo, ci stiriamo, ci abbracciamo, e sul più bello bussano alla porta. Avevamo appuntamento per la colazione alle 9, e sono le 9:10: i Cinesi sono un popolo preciso.
Già, perché siamo finiti a dormire nella foresteria della villa di una coppia di Cinesi che, in pensione, hanno deciso di ritirarsi nel bel mezzo della campagna ungherese.
Facciamo colazione con loro. Lei parla poco Inglese, la sorella per niente e il marito male. In compenso sono gentilissimi e curiosissimi. Esce fuori che non hanno bisogno di soldi, tanto che chiedono la tariffa minima di AirBnB solo per avere ospiti con i quali parlare. Mentre ci raccontano questo rifletto sul particolare che sono un po' troppo giovani per essere in pensione, e nella mia testa parte la proiezione di un film nel quale durante la notte la mafia cinese ha nascosto nella nostra macchina un partita di droga diretta in Turchia. O forse un paio di loro, incastrati sotto le valigie. Ovviamente saremo seguiti a distanza da una berlina nera piena di loschi fumatori dagli occhi a mandorla, e forse a un certo punto, vicino al confine bulgaro, saremo raggiunti anche dai nemici dei cattivi, che di solito sarebbero i buoni ma in questo caso invece sarebbero cattivi anche loro, ma un po' di più. Io, MaLa e la fedele C3 lanciati a velocità folli sulle sterrate che nascondono i passi di montagna meno battuti, guidati dal serafico vocione di Yorgos, alla disperata ricerca di un modo per seminare gli inseguitori e gli inseguitori degli inseguitori evitando nel contempo di essere inseguiti anche dai finanzieri turchi, che nel mio immaginario sono i più cattivi di tutti. Mi manca ancora il finale, ve lo racconterò se non mi prendono.
La signora cinese ha cucinato la pizza, in onore dei suoi ospiti italiani. Molto buona, tra l'altro: è una perfetta imitazione esteriore, fatta però in modo cinese. Una copia, insomma. Le faccio i miei sinceri complimenti, e per fare due chiacchiere tiro fuori il telefono e li martello con le foto delle mie, di pizze, fino a tramortirli. Ci salutiamo con baci e abbracci, e la promessa di rivederci presto.
Prossima tappa Timisoara, Romania. Per arrivare lì tagliamo attraverso tutta la pianura ungherese. È una distesa infinita, dolcemente ondulata, coltivatissima. Strade dritte che si perdono in lontananza. Cristi in gesso o marmo crocifissi al lato della strada, ubicati apparentemente a caso, inquietante lo sguardo sofferto dei loro visi mal abbozzati e consumati dalle intemperie. Piove, infatti, e il cielo plumbeo costrasta col giallo quasi fosforescente dei campi fino a un attimo prima illuminati dal sole. Poi, lentamente, ritornano i boschi, le case si fanno più piccole, le fattorie abbandonate. Stiamo entrando in Romania.
MaLa, invece, l'ha vista così.
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