Vorrei avere almeno un amico rumeno. Non un semplice conoscente, come ne ho incontrati: gente simpatica, modesta, onesta e gran lavoratrice, ma proprio un amico. Uno con cui sono stato almeno una volta in confidenza. Uno grazie al quale poter costruire la frase "Non ho niente contro i Rumeni, tanto che un mio caro, carissimo amico è rumeno, ma..."
Ma non ne ho, e quindi anche se non ho niente contro nessuno dovrò descrivere le facce tristi di un popolo triste di un paese radicalmente triste rischiando di passare per un razzista, o un campanilista, o fate voi. Il che mi dispiace, perché non lo sono.
Ma non ne ho, e quindi anche se non ho niente contro nessuno dovrò descrivere le facce tristi di un popolo triste di un paese radicalmente triste rischiando di passare per un razzista, o un campanilista, o fate voi. Il che mi dispiace, perché non lo sono.
Qualcuno mi ha detto, prima che arrivassi qui, che la Romania è un posto interessante da visitare. Sarei davvero curioso di sapere quali posti ha visitato. La capitale, forse, o il centro di qualcuna delle città più grandi. Uno o due famosi castelli della Transilvania.
Io la sto attraversando tutta, dalla frontiera con l'Ungheria sopra Timisoara a Costanza, passando da Sibiu. Quello che vedo sono case sventrate, fabbriche arrugginite, palazzine popolari costruite in mezzo al nulla, dove gente triste abita in mezzo a macerie mai rimosse. Nessuno mostra curiosità per noi, per il nostro viaggio o anche semplicemente per la nostra presenza. Navighiamo per questi immensi paesaggi desolati con la precisa sensazione di essere trasparenti fintantoché rimaniamo al nostro posto. E che il nostro posto consista nell''attraversare il paese con la minima interazione possibile. Neanche i nostri soldi, sono bene accetti. Li prendono per dovere, o abitudine, senza guardarci davvero in faccia.
Timisoara è una bella città, al centro. Grandi piazze pedonali, bambini che giocano e ragazze che si fanno i selfie in mezzo ai fiori. Il palazzo del tribunale è rimesso a nuovo, e il bar all'angolo è di gran lusso come la maggior parte dei locali nei dintorni. Avvocati, notai, clienti affollano la piccola piazzetta, non dissimili dai nostri: face stressate, impaurite, avide. Capelli scarmigliati su vestiti pretenziosi dai colori male assortiti, tacchi alti indossati goffamente tra i sanpietrini della via. Appena due vie fuori e le finestre sono bocche sdentate, i vetri infranti e l'intonaco cadente. La stessa gente, le stesse facce stressate, impaurite, indossa fagotti di lana vecchia tornando verso l'ex palazzo signorile diroccato dove abita.
Sibiu è molto bella, al centro. Sembra Praga, per gli spazi e l'ordine. Appena fuori dalle mura gli edifici sono grigi. Appena fuori dagli edifici grigi c'è la periferia: un cumulo di cubi di nuova costruzione in mezzo a cantieri ancora aperti dove vengono costruiti altri cubi. La gente sciama, vestita di tute da ginnastica a fantasie floreali un tempo sgargianti, tra i sacchi di cemento abbandonato e le auto lasciate a marcire.
Milioni di persone si muovono in auto su strade strette, piene di buche, intervallate da rotonde protette da cordoli e da passaggi a livello incustoditi, i binari del treno che si perdono a destra e a sinistra tenuti insieme da traversine sbilenche. Ai lati, campi spelacchiati arati da vecchi trattori o da stanchi buoi, gommisti, autofficine o file di casette a un piano pendenti da un lato, da dove vecchiette ancora più sbilenche delle traversine delle ferrovie escono pericolosamente per percorrere orgogliosamente i due giorni di cammino che le separano dalla vicina di casa.
"Vorrei vedere qualcosa di bello, ora" sussurra MaLa, angosciata, al secondo giorno di viaggio. "Ne ho bisogno."
Continua a guidare mentre il paesaggio grigio del giorno perde luce e si trasforma nel paesaggio grigio del crepuscolo. Le strade, ai lati, sono piene di grappoli di croci e lumini accesi a imperituro ricordo di prevedibili stragi. I minuti passano insieme ai chilometri, le macchine, i tir, gli occhi incollati alla strada per prevenire la prossima follia del prossimo conducente al prossimo incrocio.
"O almeno scolarmi una bottiglia di vino," conclude, con un sospiro.
MaLa, invece, l'ha vista così.
I diari di Adamo ed Eva
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