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Il salto del pesce




Stamattina c'era un pesce, nel mio tender. Piccolo, che mi stava in una mano. Scappando dal temuto predatore insieme a tutti gli altri avrà pensato "Ammazza che salto, sto avanti a tutti, col cazzo che mi prende, si fottano loro" ed è finito nel mio tender, a morire rinsecchito. 

La velaia di Samos, Finlandese, me lo diceva proprio la scorsa settimana: "Massimo due anni, poi abituati all'idea che la tua randa morirà". Così diceva, ma non era questo. Ha perso il marito, Greco, ed è rimasta incastrata in quell'isola con due figli piccoli, ed è stata dura. "È inutile fare programmi: la vita in un attimo manda all'aria tutto". Questo, mi diceva, e mi ha toccato. 
È morto un mio amico, pochi mesi fa. Era giovane ed aveva la risata più potente del Mediterraneo. Più in là non so, perché non sono ancora stato. Aveva progetti, immagino, o forse aveva in progetto di averli, ma senza fretta, c'è tutta la vita davanti. Tutta. 
"Lavora a testa bassa quaranta anni e poi potrai godertela, se sei fortunato" è quel che si dice. Questo è anche il consiglio di uno che fortunato lo è stato, un amico a cui auguro ancora fortuna. Ma quanta fortuna c'è al mondo, da distribuire a noialtri mortali? 
Due giorni fa ero ancorato nell'unica chiazza di sabbia di una baia meravigliosa. Le previsioni mi assicuravano una notte tranquilla ma, lo so, se il vento avesse girato dalla parte meno probabile sarei finito molto vicino alle rocce, forse troppo. Sono stato fortunato. Ieri la baia era ancora più bella. Tre metri di fondo di sabbia bianca finissima, per un'insenatura a "v" che finiva in un minuscolo lembo di spiaggia con un unico albero. Una secca di mezzo metro era lì, di lato, a insidiare timone e scafo del malcapitato che non l'avesse scorta di lontano, arrampicato sulle crocette. Io l'ho vista, e ho dato catena bastante per tenere una notte ma non scadere sul pericolo. Sono stato bravo? No, solo incosciente, e fortunato. 
Troppi punti interrogativi in queste poche righe. Troppi nella nostra breve vita. Vale davvero la pena di lavorare a testa bassa per i nostri migliori quaranta anni, con la speranza che la salute, la famiglia, i legami economici e sociali, la semplice inerzia ci lascino poi partire verso nuove, emozionanti, claudicanti avventure? Avremo, poi, ancora contezza della nostra antica voglia? 
Duna galleggia sulla sua ancora a Kalymnos mentre scrivo queste banali parole, e io con lei, sospeso in liquido equilibrio sull'acqua oleosa del porto accogliente. Le sue vele sdrucite possono ancora raccogliere vento, il suo scafo opaco fende ancora le onde. 
E io sono ancora vivo. 

Commenti

  1. sono a un terzo di quei 40 e tanta è la voglia di mollare e salpare..
    però...però ho figli in piena età scolastica, un mutuo casa ancora ventennale... per cui abbasso il capo, terzarolo e tiro dritto,
    Ma i brevi momenti vissuti in pieno sulla mia piccola e malandata barca hanno per me il sapore di grandi navigazioni in mari lontani..
    è una questione di equilibrio, difficile se non impossibile da trovare, e di ricerca di piccoli grandi momenti.
    leggerti è sempre un bel piacere
    ps. perchè ti ostini a litigare con le ancore dei vicini in porti affollati..ma una bella rada vicino?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Con il tempo ho imparato ad apprezzare anche i porti "affollati", quelli greci, e le ancore intrecciate (che appena pochi anni fa mi inorridivano) mi aiutano a relativizzare le alterne vicende della vita. Le rade però, in effetti, continuo a preferirle :-D

      Per il resto, per le cose serie, sì, nel mio piccolo ti capisco.

      Grazie per l'apprezzamento, buona fortuna e buon vento.

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