Passa ai contenuti principali

Fuori Luogo


Mentre scrivo, le note di Boccherini scivolano morbide sulle acque di seta di questa baia deserta. Duna è sulla sua ancora migliore, accostata di poppa alle rocce basse della riva. A sud ci protegge l'Eubea, e oltre i pini del promontorio, qui davanti a noi, capo Artemisio impone la sua millenaria presenza. 
Siamo nel mare degli eroi. 
Qui di fronte è la baia dove le navi di Serse cercarono scampo dopo che la tempesta improvvisa ne aveva affondate 400, e poco più in là si nascondevano i Greci, pronti per i loro attacchi improvvisi, al calar del sole, per non dar modo ai Persiani di difendersi con le intere loro forze. 
Siamo arrivati a vela, ritardatari e per questo soli nel vasto oceano che l'orizzonte racchiude, e abbiamo visto in lontananza navi fenicie in ricognizione, vedette sui capi lontani, triremi in agguato tra le correnti insidiose dello stretto. Lingue antiche, dimenticate, incompresibili, urlavano ordini ormai consumati dal tempo, mani callose maneggiavano cordami intrecciati con cura, vele di tela grezza si gonfiavano alla brezza, fasciami di pino scricchiolavano al rollio, remi pesanti battevano il mare profondo, e i peana, cadenzati, come poi a Salamina, preparavano gli animi all'ultima fatica.
In questi ultimi giorni abbiamo risalito l'Eubea in maniera assai poco eroica: a motore. Siamo passati spinti dallo zio Nanni davanti alla piana di Maratona dove, da ex mezzofondista figlio di mezzofondista, mi sono stupidamente commosso per la carica degli opliti che, per affrontare i mortali arcieri persiani, scelsero l'unica soluzione possibile: correre. Si fecero 1500 metri di corsa, carichi di ferro, e gli ultimi 200 metri, quelli sotto le frecce nemiche, ancora più veloci. E il mezzo giro finale, le mie volate ansimanti verso il traguardo e la gloria di Olimpia, hanno assunto ora una luce diversa. "Ma guarda 'sti matti" , pare abbiano ghignato i mille mila Persiani, vedendoli arrivare "me ta pòdia", un attimo prima di essere spazzati via. 
Tutto motore fino al ponte di Chalkis, e oltre, contro la corrente e i temporali. Fino quasi alle Termopili. 
Perché alle Termopili, stupidi inutili romantici, ci siamo andati a vela. E a vela, dal mare pescoso - pieno infatti di reti e di fish farm e di pescatori per puro volere del Fato evitati - abbiamo ignorato di lontano la costa bassa, dono degli ultimi duemila cinquecento anni di trasporto fluviale, per indovinare  le pareti a picco che immense furono le porte della Grecia e con lei dell'Europa. Il vento, si sa, trasporta con sé attraverso i secoli le voci e i rumori degli uomini: certo il ruggito di Leonida e dei suoi 300 Spartani ancora gonfia di schiuma le onde canute di questo golfo.
E ora siamo qui, a poca distanza da dove le mura di legno di Temistocle affrontarono la loro prima prova. Mangiamo frittata di fiori di zucca, beviamo vino bianco, ascoltiamo Boccherini dove certo qualcuno quel giorno si rifugiò dal vento, dal mare e dagli uomini. Osservava di lontano, nascosto da questi stessi pini, migliaia di triremi in manovra nel silenzio rotto solo dal vento, dalle urla, dal battito dei remi.
Abbiamo evitato le secche del capo con il GPS. Abbiamo deciso dove ancorare con l'ecoscandaglio, carta nautica alla mano. Tra una lacrima e l'altra, romantici inguaribili, come se solcare il mare degli eroi facesse di noi qualcosa di più di moderni comodi e viziati campeggiatori a vela.
Persistentemente, ostinatamente, ingenuamente fuori luogo. 

Commenti

  1. ostinatamente e piacevolmente romantico , bello

    RispondiElimina
  2. Ciao Carlo. Il prossimo anno (aprile-maggio) vorrei risalire anch'io il canale tra Eubea e terra ferma. Hai qualche consiglio da darmi? Grazie

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ci son passato una sola volta, non faccio statistica ;)
      Il passaggio particolare è a Chalkis, e la difficoltà è trovare un posto dove finire la notte dopo aver traversato il ponte. Stavano facendo dei lavori sul molo, magari il prossimo anno li avranno finiti

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Improbabilità infinita

La Heart of Gold si stava avvicinando al punto cruciale del suo viaggio interstellare. Di lì a pochi minuti sarebbe stata risucchiata dalla forza di gravità e sparata a tutta velocità attraverso il canale centrale della nebulosa fino allo spazio libero, vuoto e sicuro che la separava dalla sua destinazione finale. Aveva poco tempo, perché il flusso gravitazionale, ora favorevole, si sarebbe invertito in meno di un’ora. Ai comandi, Arthur scrutava con attenzione le orbite degli asteroidi più vicini, quando Trillian esclamò proccupata: “C’è un oggetto in rapido avvicinamento dietro di noi”. Il computer anticipò le loro intenzioni proiettando sullo schermo principale l’immagine di un’astronave tozza, sgraziata, grigia. “Arthur: è un’astronave Vogon!” “Sì, ma non stanno certo cercando noi...” “Invece si avvicinano, mi sembra facciano segnali…” “Stanno aprendo un portello… Dio quanto sono brutti!” “Cosa vorranno? Non recitarci una poesia, spero” “Se dovessero solo minacciarlo,

Intermezzo tecnico

"Il tuo fiocco piccolo andrà benissimo per quando Lui arriverà",  mi diceva premuroso Nicola. "Ti invidio la tua trinchetta", la gentile Francesca. E noi con il fiocco piccolo e due mani alla randa, ancora spaventati per la sventolata presa tra capo e collo a Kea, ad aspettare Lui. Vedendo gli altri intorno a me veleggiare incuranti con tutta la tela a riva, sorridevo tra me e me, li consideravo stolti, celando l'invidia segreta per le loro vele avvolgibili - il garroccio è una scelta di vita di cui andare orgoglioso, soprattutto quando i soldi per il rollafiocco non li hai - finendo in entrambi i casi col compatirli perché prima o poi sarebbe arrivato Lui, e avrebbe fatto piazza pulita di tutti coloro che Gli mancavano di rispetto prendendola con tanta allegria. Quanto ero serio, io, e quanto mi sentivo figo con il mio fazzoletto ingarrocciato, che mi spingeva a quattro nodi quando il vento sparava la schiuma via dalle onde e mi costringeva a smotorare q

La randa rollabile

Una storia che non parla della randa rollabile, della quale non mi frega assolutamente nulla. Però ho attirato la vostra attenzione.  Sono in bagno quando Roberto mi chiama per la prima volta. "Carlo vieni su a vedere" mi fa, con quel tono di voce che sottintende "Non è urgente ma non metterci troppo". Io mi asciugo di corsa le ascelle e salgo, in mutande e canottiera di lana. La canottiera di lana mi serve ormai da una settimana per proteggermi dal meltemi di fine settembre, insieme al cappello dello stesso materiale e alla cerata quando siamo in navigazione verso nord, cioè tutti i giorni; Roberto è il conavigatore che ha scelto volontariamente di attraversare insieme a me, contovento, l'intero Egeo dal Dodecaneso al golfo di Atene.  Il mio conavigatore mi indica al di là della nostra prua. La barca inglese che stanotte è riuscita non so come a infilarsi tra noi e la spiaggia - non pensavo fosse possibile dare ancora più in là di dove l'ho data