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In ordine sparso


Avrei voluto scrivere della navigazione notturna che ci siamo regalati per errore appena due giorni fa, e della benevolenza di Poseidone che ci ha concesso di godere di un'esperienza piacevole laddove potevamo trovarci in guai seri, ma ci è capitato proprio ieri notte un fattarello banale, breve e, a posteriori, divertente. Per cui proseguo in ordine sparso, e racconterò solo  in seguito del  passaggio notturno tra le rocce a picco e gli scogli di Poros Furnoi, oppure di come mi son ritrovato a dover resinare la poppa della Duna in un caldo pomeriggio di inizio luglio, laddove la banchina di Argostoli aveva portato a nudo gli strati interni, quelli che non dovrebbero mai vedere la luce del sole, o sentire la carezza dell'acqua. Stanno capitando tante cose, va bene così,  andiamo avanti.

Siamo nell'avanporto di Pitagòrion. Abbiamo dato àncora nel pomeriggio, delusi dalla mancanza di posto alla banchina comunale, quella da cui sto scrivendo ora. Il meteo dà l'entrata del meltemi nel primo pomeriggio, e in effetti le nuvole sui monti della Turchia, qui davanti, già da diverse ore viaggiano verso sud in frammenti lacerati dai picchi rocciosi. Sopra di noi le pale eoliche sulla cresta di Samo sono già rivolte a nord, mentre il vento da libeccio si attarda ancora sulle nostre prue.

Noi diamo àncora isolati verso est, quasi al limite del possibile - la brutta nottata di Capri ha lasciato il segno - ma purtroppo non lo restiamo a lungo. Altri arrivano e, delusi come noi dell'affollamento delle banchine, calano la loro qui attorno. Arrivano dei giovani aitanti russi, rapidi e minaccosi come squali ("ahò, ma hai proprio deciso che m'hai da prenne, oggi?" gli faccio faccia a faccia, senza astio ma con sincera curiosità, al terzo giro. Ottengo in risposta un saluto, contraccambio). Calano l'àncora poco distante, troppo poco per i miei gusti ma in mare le distanze si restringono, o si dilatano, a seconda del grado di paranoia personale. E io sono molto paranoico.

Cambia vento? Non proprio, ma quando arrivano due francesi tutti noi qui abbiamo già la prua a nord, e il calumo disteso nella direzione opposta. Scegliere dove piazzarsi è una sottile e delicata questione di culo. Il francese va sul sicuro, e si mette esterno.
Dovrei qui rapidamente accennare al fatto che il tizio in questione cala, insieme all'àncora, un grippiale. E su otto metri di fondo, sabbioso, lascia una ventina di metri di cima. Alla seconda raffica, ora il nuovo vento si è stabilizzato, ci va sopra con l'elica. Lo prende a bordo, lo scosta di lato, accende il motore e manovra per sfilare fino a tendere il calumo nella nuova direzione. Alla quinta o sesta raffica, è ormai quasi il crepuscolo, le barche hanno acquisito la loro formazione di battaglia e il galleggiante è finito a minacciare la poppa dei russi. Questi non se ne curano, sono occupati a smaltire vodka ascoltando musica da pronto soccorso - quella per coprire le urla - e a farsi linguacce l'un l'altro. Il Francese sì, e pagaia fino ad arrivare a sciogliere la cima del galleggiante, il che gli fa onore perché,  dopo una mossa assai egoista ed idiota, ripara con una umile ed intelligente. 

Subito dopo ecco arrivare i Tedeschi, tre charteristi buontemponi,  che dopo una minima, rituale esitazione si piazzano in linea con la mia prua , a una ventina di metri - troppo poco per la mia paranoia, ma già l'ho spiegato - e sull'abbrivio finale sono già tutti a poppa che si danno da fare a calare in acqua il tender.

Ed è subito sera, con noi cotti dalla mancanza di sonno degli ultimi tre giorni che ceniamo con una lussuosa frittata alle zucchine ed andiamo a letto fiduciosi nelle nostre ancore. Sì, dimenticavo: dato lo spazio ridotto per stare alla ruota - e la mia paranoia di cui già forse ho vagamente accennato - stiamo su neanche 35 metri di calumo, ma con la cqr che penzola appennellata a un metro dal fondo, per ora a far da peso, ma pronta a mordere se, in emergenza, dovessi calare altra catena. Andiamo a letto fiduciosi di poter dormire il sonno del giusto, spegnendo il generatore eolico per non sentire le raffiche, evitando l'allarme ancora gps che tende a segnalare problemi nella configurazione satellitare invece che nell'ancoraggio, affidandoci alla stretta forchetta settata nell'ecoscandaglio  perché, nonostante tutto,  l'idrografia io ce l'ho nel sangue.

Il coma ci avvolge. Dolce coma sonnolento, quello che quando ti svegli ci impieghi qualche secondo di troppo a ricordarti chi sei, e solo allora ti rendi conto di non avere la minima idea di dove ti trovi e perché. La notte trascorre, il meltemi cala a valle con  raffiche rabbiose, la via lattea scorre in perpetua lenta infinita rotazione, la Duna scodinzola senza fretta, senza scosse, cullando il nostro viaggio notturno. L'intero firmamento gira senza posa, e quando una delle tante raffiche mi sveglia, e per la seconda volta mi costringo a uscire per la mia pisciatina notturna a poppa, le Pleiadi splendono sopra il Toro a Est. È quasi l'alba.

Dopo aver italicamente seguito i dettami di Catone e Catullo,  rimesso tutto nelle mutande, mi volto verso prua, e vedo un oggetto strano, con luci rosa che fuoriescono aliene da diverse aperture, scodare a pochi metri da noi. Mi stropiccio gli occhi e finalmente mi sveglio. Parrebbe una barca, che il meltemi sbatacchia in movimenti sinuosi. Parrebbe la barca dei buontemponi tedeschi, solo che ieri sera era a venti metri, ora si sta avvicinando lenta e inesorabile come un boa al vitello ipnotizzato.
Che fare? Ho freddo, qualunque cosa accadrà sarà lunga, meglio coprirsi. E così scendo per riemergere in coperta in mutande, felpozza sdrucita e torcia alogena. Gli Alemanni, nel punto più vicino della loro orbita, sono ormai a un paio di metri. Certo si sa, le distanze in mare, la paranoia... ma due metri o due e mezzo, o uno, sempre lì lì per fare il botto siamo.
Accendo il motore? Filo altra catena e faccio finta di niente? Il sonno è tanto, ma se c'è qualcosa che ho imparato nelle ultime 1300 miglia è che, in queste situazioni, quello che meno ti attira è proprio quello che ti salverà il culo.
E così vinco la pigrizia e vado a prua, tolgo la cima di ritenuta dalla catena e, con una mano sul verricello pronta ad aprire la frizione, mi affaccio nel pozzetto dei vicini illuminando le cabine con la torcia: "Ehilà, di bordo!" gli sussurro nell'orecchio, e dopo un attimo sono tutti fuori perfettamente in ordine, come se fossero lì pronti seduti in cuccetta a girarsi i pollici chiedendosi quando finalmente li avrei chiamati all'azione. "I think your anchor has some problem", come se ce ne fosse  bisogno,  e mentre il facente funzione di comandante prende atto della situazione con un contegno che sarebbe ammirabile se la barca fosse la sua, e non della compagnia charter, libero il verricello e guadagno dieci metri sottovento.
Mi volto e Manu è qui accanto, teletrasportata dal suono della mia voce prima che dal cigolio della catena che scorre libera. Restiamo svegli insieme a controllare i Teutoni, che salpano l'ancora e girano girano, e alla fine poverini la ridanno dove prima, dove altro possono andare nel buio, in un ancoraggio affollato, addormentato,  se non nel vuoto che loro stessi hanno lasciato libero?
Restiamo svegli a parlare di Aldebaran, l'occhio del toro, e della grande costellazione lì accanto di cui ci sfugge il nome ma ora, qui in banchina, sarà il vino, il vociare la musica,  improvvisamente riconosco come Capella. Tra non molto sorgerà Rigel, e poi l'intero Orione sfumerà nelle luci dell'alba.

A giochi conclusi, dopo breve consulto decidiamo che i Tedeschi, per quanto charteristi, si preoccuperanno personalmente di monitorare la tenuta della loro àncora per qualche ora a venire, e ce ne torniamo nelle cuccette. Domani, oggi per me che sto scrivendo adesso alle luci della banchina di Pitagòrion, abbiamo un'isola da scoprire. Da qui ne sentiamo il profumo, ne indoviniamo il fico la vite, il gelsomino. Domani ne calcheremo la terra.
Ma, per ora, buonanotte.

Commenti

  1. Bellissimo, come sempre! Mi è sembrato di essere lì con voi, anche se non vorrei mai fare il terzo incomodo! :)
    Quando riunirete tutti i vostri blog in un libro, sarò felice di acquistarlo.

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  2. Bellissimo, Carlo! Quante notti insonni e quante navigazioni impreviste ho riconosciuto nelle tue righe. Penso che ora avete diritto a un po' di sonno del giusto con un ancoraggio tranquillo e possibilmente solitario. Mi viene in mente, vicino a te, Poros Bay a Agathonissi, o Hoklakoura a Lipsi. Ampio spazio, di solito poche barche, ottima sabbia. Facci caso, il problema ormai non è quasi mai il tuo, ma sono i vicini che si muovono. E questo è un gran bel passo avanti. :-)

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  3. Più ti leggo.... Più capisco quelli che si mettono sempre lontani da tutto e da tutti....

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  4. Tre commenti ed ognuno con le sue sagge verità, quindi non aggiungo altro ;)
    Buon Vento anche a Voi :-)

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  5. il tempo...........
    cambia molte cose nella vita ........
    il senso le amicizie le opinioni........
    ma non la follia.....

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