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Lasca catena!

Panagiotis è appoggiato allo strallo, a prua della Duna, e agita le braccia verso la barca a motore in arrivo,  rosso in volto. Poi si gira verso di me e mi fa, ammiccando: "patented captain", alza le spalle e riprende a urlare "Lasca catena!", più tutte una serie di altre indicazioni in Greco stretto - eco di risate dal pubblico, è il suo show - dirette al motoscafo che, col forte vento al traverso, da un buon quarto d'ora se ne va a spasso per il porto senza riuscire a puntare verso la banchina.
Sulla mia destra Antoni sorride ironico appoggiato al corrimano dello yacht, quando incrocio il suo sguardo mi strizza l'occhio come a dire "se non son matti non li vogliamo". Alla mia sinistra, sulla barca a vela oltre il posto libero, il Tedesco presidia la prua del charter dei bimbi francesi, anelando ad afferrare la cima sopravvento dell'amico greco in arrivo. Quando l'amico finalmente arriva, e lancia la cima, si viene a scoprire che a forza di lascare, la catena è finita, e rimane lì, in bilico davanti alle nostre prue, il Tedesco con la sua cima in tensione e i bambini di bordo che lo percorrono come formiche ("it'z dangerouz, it'z dangerouz!", ma è lui l'unico che rischia di farsi male, per colpa del suo smisurato entusiasmo), Panagiotis che si agita e urla e ride e urla ancora, io e Antoni ciascuno con un parabordo dimensionato alla barca da difendere (lui un 20 metri in acciaio, io un 10 in sandwich di balsa). Pur capendo poco di quello che succede, e che succederà, e pur essendo evidentemente probabile che prima o poi il "patented captain" farà un qualche danno, siamo tutti di buon umore. E meno male.

Questo, infatti, è per me solo l'intermezzo sociale di metà pomeriggio di una giornata funestata da un danno al motore che sto cercando di riparare da questa mattina. Zio Nanni puzza di gasolio più del solito e fa un rumore sordo che non mi piace. A bassi giri vibra troppo, e il rombo iniziale, all'accensione, denuncia improvvisamente tutta l'età non solo dello specifico motore, ma dello stesso progetto OM636, datato 1955. Insomma, quando apro il pagliolo quello che temo è di aver grippato un pistone, o di avere un iniettore fuori uso, qualcosa di terribile o comunque di non riparabile qui a Limnos.
Quando vedo i tubi nuovi dell'iniezione, quelli cambiati con tanta soddisfazione a Reggio, pisciare gasolio dai dadi di giunzione, quindi, tiro un sospiro di sollievo. Basta stringere, penso. E, presa la 17 dalla cassetta attrezzi, spento il motore, agisco deciso.
Dopo aver stretto i dadi provo ad accendere di nuovo, e gongolo soddisfatto nel constatare che non trafila più carburante. Il rumore dello Zio, però, non è ancora il "suo", e così, con un sospetto, scendo all'interno a dare un'occhiata dal piccolo sportello a fianco alla cuccetta di guardia, quello da cui si accede alla pompa a iniezione. I tubi nuovi perdono anche da qui, una seccattura, certo. Spengo il motore, mi armo di nuovo di 17 e attacco i dadi aiutandomi con una chiave a tubo per allungare la leva. Accendo lo Zio, i dadi alla pompa non perdono più. Perdono di nuovo quelli agli iniettori. Spengo. Smadonno. Forse non vanno a battuta, ipotizzo. Smonto i tubi, avvolgo a filetto del teflon a fare spessore, avvito, accendo. Pèrdono. Mi altero. Spengo trovo il numero di telefono del meccanico di Reggio, respiro, conto fino a dieci, chiamo. Driin driin pronto? Sì, ti ricordi di me? Si ricorda, certo, perdono gasolio? Non c'è problema: tenendo il raccordo conico in posizione due giri di teflon e poi sopra il dado a chiudere, mi raccomando a motore freddo; grazie buona giornata.
Il motore è caldo, io pure, chiamo il time out e mi mangio la pasta avanzata da ieri, aromatizzata al gasolio - che quando ce l'hai nelle mani lo mandi via solo pescando un tonno ed è vero anche il contrario e, in entrambe i casi, ma come potevo pensare di fare shiatsu quest'estate che da quando son partito c'ho le mani che neanche Santiago di ritorno dalla pesca? Poi riattacco a lavorare, rendendomi immediatamente conto che per poter nastrare di teflon il raccordo questo deve essere accessibile, ma non lo è: il tubo fa una curva subito dopo il cono, impedendo al dado di scorrere e liberare la parte che mi interessa. Maledizione.
La giornata scorre lenta, mentre provo, in successione, a inserire uno spessore di rame tra le parti che perdono, a ritagliare il tappo di una Peroni a forma di rondella (quanto avrei voluto che avesse funzionato, questa!), ancora teflon. Ho già chiesto consiglio agli amici via etere. Riccardo, in particolare, cerca di farmi procedere in maniera scientifica. "Avvita il tubo da una parte sola, e controlla se il dado blocca effettivamente il raccordo, se il tubo non si muove. Altrimenti, va spessorato". Lo faccio, non si muove, riporto i risultati. Consigli, ipotesi. Niente di funzionante.
Nel frattempo, con una ispirazione improvvisa, ho rimontato il tubicino vecchio sul primo cilindro, quello cambiato solo perché "lavorano insieme" ma ancora sano. Non perde. Sono quelli spacciati per ricambi originali a trafilare gasolio quantunque io li stringa. Smadonno.
Alla prima occasione coinvolgo nel problema anche i marinai del Voyager, lo yacht a fianco. Antoni mi promette aiuto: "c'è un meccanico che viene la mattina sulla barca qui a destra, appena lo vedo gli dico tutto". Ma è una proposta tropo vaga, siamo in Grecia dopo tutto, e io non riesco ad aspettare, a stare fermo: svito, riavvito, forzo, tiro, spingo, metto teflon, tolgo teflon... sono entrato nel tunnel. La situazione, invece che migliorare, sembra peggiorare ad ogni nuova idea messa in pratica, e precipita quando mi rendo conto che l'esperimento scientifico della mattina ha dato risultati errati: il tubo, dado stretto, in realtà si muove. Lo riporto al capo-laboratorio, che da Genova protesta indignato. Io mi difendo come posso: "t'ho detto 'na fregnaccia". Un attimo dopo però ho la prova delle mie capacità di ricercatore: c'è un solo modo in cui un tubo, a dado serrato, può essere prima immobile e poi mobile, e me ne rendo conto fissando con immoto stupore il troncone, là dove l'ennesima manovra ha troncato il ricambio originale nell'identico punto in cui s'era rotto il vecchio pezzo.
Game over, penso, non troverò mai un ricambio Nanni Mercedes nell'isola di Limnos.

Panagiotis è in banchina, accanto alla compagna. Da lì, rosso in volto, si agita e sbraccia in direzione della barca a motore che sta ripetendo faticosamente ogni precedente manovra. "Bravooo!" prorompe nel vedere l'àncora calare nel punto giusto - e ci mancherebbe, siamo tutti arrampicati sulle rispettive prue a indicare le nostre catene e gli spazi liberi nel mezzo - e poi di nuovo "Lasca, lasca catena!" mentre le raffiche di meltemi spazzano via la schiuma dalle onde, qui in porto, portandosi via verso il sole morente anche il motoscafo. Riappare a fatica, manovra (se mi speda l'àncora, con questo vento e senza motore, sono nella cacca, ricordo di aver distintamente pensato), si avvicina, approfitta di una pausa nelle raffiche per oltrepassare in contropiede il Tedesco che si sente improvvisamente vergognosamente inutile, si infila con precisione nello spazio libero. "Madam, gimme the line" faccio alla signora a poppa, e camminando sul bottazzo della Duna porto la cima di ormeggio in banchina. Poi fisso allo stesso anello un richiamo per il mio spring di poppa che sta sfregando col nuovo venuto tra le proteste di un offeso Panagiotis "He's a fucking Greek, not an Italian!". La prendo a ridere, non mi sento particolarmente affine a nessuna delle due nazionalità in questo momento, e finisco di sistemare il mio ormeggio secondo i miei personali criteri di fottuto apolide.
Infine, terminati i saluti, Panagiotis, sempre rosso in viso e agitato, se ne va promettendomi un meccanico per domani e forse un invito a cena per un giorno di un anno non meglio specificato. Il Tedesco sparisce. Il vicino si accorge di me e mi ringrazia, se fossi un italiano non abbastanza, Antoni mi guarda e sghignazza. Vado da lui, voglio sghignazzare anch'io, mi sta risalendo il nervoso per il tubo rotto. "Hai chiesto aiuto a lui? Non ti serve più il mio meccanico?"
Per un attimo ho paura di averlo offeso, poi capisco che è solo sincera preoccupazione "mi sembra uno che parla parla, ma poi non so se combina qualcosa". Non posso che concordare, e infatti lo assicuro "il primo che arriva fa il lavoro". "Allora andiamo" mi fa, e scendiamo, il pezzo rotto in mano, diretti verso il porto pescherecci. Ne avevamo parlato prima: qualcuno glieli aggiusterà i motori, ai pescatori. Arriviamo alla fine del molo e, per la prima volta da quando son qui, tutte le barche son vuote. Smadonno, ma meno del solito, è piacevole questa sensazione di essere protetto e aiutato, a Limnos, qui alle porte dell'Oriente, da un cicladico curvo marinaio di mezza età di Syros e, anche se so per certo che si annoia a morte perché deve aspettare il suo armatore qui fino a metà agosto, condannato a fare la guardia al Voyager giorno e notte, voglio leggere nel suo interessamento almeno una sorta di simpatia, di empatia, o almeno armonia.
Non domo, si guarda intorno. Scarta senza sforzo le tre donne sedute al caffè e indica l'uomo dell'edicola. Attraversiamo a gran passi i giardinetti brandendo il tubo e apostrofiamo il tipo.
E veniamo a sapere che neanche un mese fa lui, proprio lui, ha avuto lo stesso problema, e un tale di nome Tramontanis che ha un benzinadiko vicino all'aerodromio è l'unico nell'isola ad essere in grado di ricreare da zero il ricambio che mi serve. È aperto tutti i giorni, a qualsiasi ora: abita sopra l'officina.
Io vorrei scoppiare in lacrime di gioia, ringraziare tutti, lanciare fiori dal palcoscenico, improvvisare uno strip tease, baciare la prima infermiera incontrata per strada, ma non ho fiori, né biancheria adatta, e non vedo infermiere. Così trattengo le lacrime, ringrazio accoratamente, e stringendo il bigliettino con l'indirizzo del mio uomo, mi avvio indietro verso la Duna a fianco di un soddisfattissimo marinaio di mezz'età di Syros.

Commenti

  1. comunque la puzza di gasolio dalle mani o dalla barca, la elimini usando il sapone per i piatti liquido, fidati!

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    1. Caro mio, grazie del pensiero, ma ho montato e smontato motore e impianti annessi tanti quelle volte che posso affermare che meglio del sapone dei piatti c'è il dentifricio. Provalo.
      Ciò non toglie che se devi mettere le dita sul viso di una persona (il trattamento shiatsu comprende tutto il corpo) non basta che vada via la puzza, deve essere assente qualsiasi anche debole aroma ;)

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