Siamo in Turchia, cazzarola, e chi l'avrebbe mai detto? Qui è un casino di voci nuove, colori, suoni, odori. È un casino, è frastornante, è magnifico, è inquietante. Da dove comincio? Siamo stati a Troia, certo, ma questa me la gioco in un post a parte. Allora magari parto dall'origine, con il viaggio da Limnos… C'è un episodio niente male nello stretto, a poche miglia da Çanakkale, ma anche questo volevo separarlo, farne una storia a sè. E allora vado di impressioni sparse, immagini casuali, vado.
Qui nessuno parla inglese. Però, dici, comunque ti capisci a gesti, mia faza mia raza e altre menate simili… e invece no. Per dare un'idea, se qui a gesti spari un "ma de che" dall'altra parte capiscono "ammazza che figo". Non si può, semplicemtente. Comunicazione ridotta al minimo, sorrisi. Parlo italiano, almeno son sicuro di non essere frainteso.
Poi c'è google translator, lo usano da touch screen. Vado a comprare la sim e mi viene letto che "il bimbo funzionerà se aspetta mezza ora". È meglio di un videogioco.
Il bimbo poi non ha funzionato, avevano sbagliato sim, e il giorno dopo si sono scusati moltissimo, nella loro lingua. Tesekkur ederim, ho risposto io, ciao.
Al ristorante invece abbiamo fatto amicizia con due scavezzacollo, a rota di raki, anche loro google translati, che ci hanno invitato al giro dei bar di Çanakkale. Siamo una coppia sposata, gli ho scritto sul telefono, ma non so quanta ironia possa tradurre quell'aggeggio, it was a joke, ho aggiunto. Mi hanno mostrato allora tutto le foto del mausoleo in onore dei caduti di Gallipoli, nel 1915. Bandiere rosse ovunque, ma manca il martello e mi sento un po' a disagio, sono troppe, troppo grandi, e neanche una è scolorita dal sole.
Camminiamo per il lungomare, a sera. Donne intabarrate dalla testa ai piedi chiacchierano con coetanee in shorts inguinali. La folla è densa di famiglie, comitive, coppie. Bambini in bicicletta, pescatori in motorino. Ogni tanto un cane compare dal nulla e scompare in un attimo. Faccio in tempo a vedere il carretto delle ciambelle, poi la folla si richiude. Sul molo, all'angolo prima del marina, vendono pesce appena pescato, in bacinelle messe a terra, piene d'acqua. I pesci sono vivi. Anche i gatti lì accanto lo sono, attendono fiduciosi sapendo che gli avanzi saranno loro. Di fronte c'è il cavallo di Troia, la riproduzione del film intendo, che vai a capire perché Çanakkale ha adottato, come se avesse una qualche parentela culturale con chi abitava quella città, qui, nel 1200 a.C. o, addirittura, con quelli che quella città hanno distrutto con l'inganno. Sotto il cavallo una coppia suona. Lui uno strumento a corde, lei canta e si accompagna con un tamburo. Arriva un poliziotto e li manda via, la folla protesta, poi applaude i due giovani che rimettono dentro gli strumenti, si spostano di 70 metri e ricominciano lo show. E tutto nel mezzo della gente, tanta gente. Che cammina, lecca gelati, beve çai nei caffè o sulla panchina o a cavalcioni del muretto, bevono çai ovunque. E mangiano cozze dalle bancarelle: il ragazzo gliele apre, le riempie di limone. Loro ingoiano, e ne chiedono un'altra.
C'è una partita di minibasket qui sul lungomare. I ragazzi giocano circondati da una folla plaudente. La musica è a palla, ritmata, continua, coatta. Ogni caffè bar pub ristorante kebabbaro ne ha una diversa. Il muezzin canta l'ultima preghiera, ma nulla cambia nel ritmo dei passanti, nemmeno un respiro ritardato. Si affrettano verso la sera, chi più chi meno claudicante, nelle loro ciappole o scarpe da ginnastica o zeppe o tacchi a spillo.
Tanti sono a piedi, affollano i marciapiedi, ma il traffico per le strade è altrettanto frenetico. Le auto non si fermano alle strisce. Non si fermano agli stop. Si fermano in mezzo quando vogliono, e parcheggiano. Per qualsiasi cosa c'è un suono di clacson. Le auto, i pulmini gli apetti, ognuno un clacson diverso. I motorini, le moto, i carretti trainati dai cavalli bardati a festa, anche le biciclette con il loro campanello. E vendono di tutto. Ci sono negozi piccoli che vendono qualunque cosa. E altri, enormi, che ne vendono solo una. E kebab, kebab, kebab. E çai, bevono çai ovunque.
Benvenuti in Turchia.
Quanti bei ricordi scaturisco da questa lettura, adesso immagino che la Turchia sia ancora di più un contrasto tra civiltà Occidentale ed Orientale.
RispondiEliminaRIcordi anche per me! Piaciuta Canakkale, Istanbul, poi è la mia città del cuore.
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