Scappati appena possibile dalla più inospitale delle isole egee, alle nove siamo già nella baia sud di Rhinia. Zigzagando tra la barche alla fonda passiamo oltre quelli che hanno ancorato in prima fila e ora sorseggiano il caffè in pozzetto gustandosi il panorama bucolico. Vado verso la spiaggia fino a che l'ecoscandaglio non segna 2.8 e lì calo la mia delta con dieci metri di catena. Questo almeno è quanto avrei voluto, ma Patti è di polso largo stamattina e lascia andare quattro cinque metri in più. Il che più in là avrà forse importanza.
Spengo il motore. Tra lo stupore di tutti, mio equipaggio compreso, siamo soli al centro di una piscina di acqua trasparente e sabbia bianca. Tuffi, nuotate, caffè e biscotti, ancora tuffi. Poi il vento gira leggermente e la barca con lui, avvicinandosi ancora di più alla linea di costa. È decisamente il momento di avviarsi verso Naxos, dove Nico, del porto, mi ha promesso che nonostante ci sia il pienone riuscirà a sistemarmi in qualche modo, magari all'inglese su un'altra barca. Ed è fingendo assoluta nonchalanche che faccio perno sulla chiglia, nel frattempo finita ad appoggiarsi sul fondo - ecco perché dieci metri di catena erano giusti ma quindici troppi - e mi allontano alzando una nuvola di sabbia.
Il viaggio dura tre ore piene. Il vento, già lo so, ci accompagnerà solo per poche miglia, per poi lasciare un mare antipatico fatto di creste appuntite dalla corrente e distorte dalle scie dei motoscafi appena allontanatici da Mykonos.
Stanchi e accaldati arriviamo in porto insieme a due catamarani da charter selvaggio. Dove per selvaggio intendo l'usanza di non rispettare niente e nessuno giustificandosi con "Sto lavorando", il che andrebbe anche bene, se solo io, nel lavorare, usassi andare a rompere loro le palle. In realtà non è così, non mi conoscono, non ci siamo mai visti e mai ho fatto loro un torto, in qualunque ora della mia giornata, o giorno della mia settimana, o periodo della mia vita: la loro sete di vendetta è assolutamente ingiustificata. Del resto anche l'altra scusa frequente, "Sono in vacanza", non ha molto senso, dato che qui siamo in tanti nellla stessa situazione, e conviviamo in pace e letizia.
In ogni caso i due catamarani da charter selvaggio, schiavi delle consuetudini, ci passano avanti prepotenti e occupano l'avamporto con i loro ingombranti scafi pieni di valigie e tacchi a spillo.
"Non è giusto," osserva Patti, infastidita da tanta arroganza che lei subisce per la prima volta, "Prima gli Italiani" conclude, con surreale piglio leghista, una volta compreso che riderci sopra è il trucco vincente per non rovinarsi il fegato.
"Prima gli Itagliani!" urliamo tutti insieme, pigiando l'ugola sulla laterale palatale. E sbavando un po' come si addice al personaggio entriamo anche noi, spavaldi.
Nico non conosce il gioco (che comunque qui prevederebbe un qualcosa del tipo "Próta oi Éllines", che oltre a non assomigliare come suono cozza anche come dichiarazione di intenti) e non scatta sull'attenti al semplice sentire la parola d'ordine. Ci lascia invece a fare avanti e indietro per una buona mezz'ora negli scarsi cinquanta metri di mare che separano le prue delle barche ormeggiate dagli scogli sottovento.
Sistemati tutti gli altri arriva da noi e ci indica dove ancorare per poi venire indietro fino alla testa del molo e finire affiancati a un massiccio panzer tedesco in teak i cui proprietari, due pensionati di Berlino, nonostante l'iniziale diffidenza ci lasciano usare la loro passerella per scendere a visitare l'isola. Solo l'indomani, dopo aver cambiato posto con una manovra silenziosa come di rado se ne vedono, conclusa in maniera millimetrica tra l'approvazione dei nuovi vicini nonostante il vento violento che sta salendo da nord, il Tedesco mi verrà vicino con fare cameratesco.
"Ti ho visto fare manovra: dai ancora andando in avanti invece che di poppa. Anche io!" Sorride compiaciuto, emozionato quasi. Io sorrido a mia volta, soddisfatto non tanto dall'aver scoperto un'affinità con l'arzillo pensionato, quanto di aver sistemato la barca dove potremo stare al sicuro per le prossime ventiquattro ore di prevista buriana.
"Siamo solo in due in tutto l'Egeo" conclude.
Non è vero, lo so bene e probabilmente lo sa anche lui, ma gongolo comunque di piacere nel vedere riconosciuto il valore della mia manovra alla viareggina, come la definirebbe, con un finto disprezzo tutto toscano, Domenico detto il T.
Prima gli Itagliani, penso, divertito.
Ma, non volendo essere preso sul serio, lo tengo per me.
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