Tassos voleva indicazioni su come preparare un buon mocaccino, e così abbiamo organizzato una dimostrazione nella quale il mio ruolo è quello dell'assaggiatore compiaciuto. Proprio ora, infatti, sto dando il meglio di me bevendolo al tavolo privato dei gestori, quando Eleni, tutt'a un tratto, interrompe il mio compiacimento alzandosi e va verso la spiaggia urlando e agitando le braccia. Questa è matta, penso io, poteva anche dirlo che non le piace il mocaccino, o la nostra compagnia. La seguo, però, e vedo una barca a vela, italiana, che a tutto motore sta cercando di passare tra l'isoletta e la spiaggia per raggiungere il golfetto subito a sud del cantiere. C'è una secca, tra l'isoletta e la spiaggia.
Mi metto a urlare anche io, come tutti gli altri intorno a me, ma il vento tira dal mare e il tipo non ci sente. Sembra solo a bordo, e molto deciso a lasciare la sua chiglia sulla secca.
Evidentemente ha un ecoscandaglio, o vede qualcosa, o sente i nostri avvertimenti pur fingendo di essere un gabbiano libero nel suo volo verso l'orizzonte, perché rallenta. Ora torna indietro, penso, e invece lui va avanti, pian piano, cercando un passaggio che non c'è.
"Non si passa" mi conferma Eleni, e torna a sedersi al tavolo.
Io, incuriosito, continuo a camminare lungo la spiaggia, avvicinandomi al prode esploratore. Incrocio Takis, del cantiere. Lui e il figlio stanno guardando attenti, forse calcolando quanto chiedere all'ormai prossimo cliente.
"Ogni anno una decina di barche fa così" mi dice Takis, non capisco se stupito o schifato, "Non guardano le carte!"
Schifato, decido. E continuo ad andare avanti.
Anche il tipo è andato avanti. Non capisco come possa pensare di navigare con una barca a vela di 10 metri a 1 metro da una lingua di scogli affioranti. Se anche ci fosse un passaggio, che non c'è, dovrebbe manovrarla come se fosse un tender a remi in assenza di vento. E infatti a un certo punto "SBEM!" e la barca si pianta. L'albero oscilla in avanti, e prima che cominci a tornare dritto sento lo stoc dell'invertitore che ingrana la retromarcia. Con qualche scossone scende dallo scoglio, e sull'abbrivio torna indietro da dove è venuto, dritto per dritto, impettito, senza mai voltare lo sguardo dalla nostra parte né girare la barca di prua. Sparisce all'orizzonte.
Mi metto a urlare anche io, come tutti gli altri intorno a me, ma il vento tira dal mare e il tipo non ci sente. Sembra solo a bordo, e molto deciso a lasciare la sua chiglia sulla secca.
Evidentemente ha un ecoscandaglio, o vede qualcosa, o sente i nostri avvertimenti pur fingendo di essere un gabbiano libero nel suo volo verso l'orizzonte, perché rallenta. Ora torna indietro, penso, e invece lui va avanti, pian piano, cercando un passaggio che non c'è.
"Non si passa" mi conferma Eleni, e torna a sedersi al tavolo.
Io, incuriosito, continuo a camminare lungo la spiaggia, avvicinandomi al prode esploratore. Incrocio Takis, del cantiere. Lui e il figlio stanno guardando attenti, forse calcolando quanto chiedere all'ormai prossimo cliente.
"Ogni anno una decina di barche fa così" mi dice Takis, non capisco se stupito o schifato, "Non guardano le carte!"
Schifato, decido. E continuo ad andare avanti.
Anche il tipo è andato avanti. Non capisco come possa pensare di navigare con una barca a vela di 10 metri a 1 metro da una lingua di scogli affioranti. Se anche ci fosse un passaggio, che non c'è, dovrebbe manovrarla come se fosse un tender a remi in assenza di vento. E infatti a un certo punto "SBEM!" e la barca si pianta. L'albero oscilla in avanti, e prima che cominci a tornare dritto sento lo stoc dell'invertitore che ingrana la retromarcia. Con qualche scossone scende dallo scoglio, e sull'abbrivio torna indietro da dove è venuto, dritto per dritto, impettito, senza mai voltare lo sguardo dalla nostra parte né girare la barca di prua. Sparisce all'orizzonte.
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