Qui a Poros parlano tutti un ottimo Inglese, alcuni addirittura Italiano. Quando entro dentro la rivendita sul porto, però, lo faccio deciso a usare il mio Greco.
Me la sono preparata un po', lo ammetto. Ho un progetto.
Devo chiedere una cassa d'acqua, il che più o meno dovrebbe corrispondere a "Felo ena boh nerò", dove "boh" sta per un gesto a forma di cassa, o un indice opportunamente puntato verso il prodotto richiesto, perché come si dice "cassa" proprio non lo so. Lui allora mi domanderà "Quale acqua?", visto che ne ha più marche, e io sceglierò la Zagori, non perché sia più buona ma perché è, di solito, la più economica.
Lui me la darà e io chiederò "Poso cani?", "quanto fa". Pagherò e andrò via ringraziando.
Mi sento pronto e quindi, come scrivevo, entro.
Mi accoglie una penombra vasta, di legno scuro e bottiglie ordinate in scaffali alti fino al soffitto. C'è un registratore di cassa e una scrivania, entrambe sulla sinistra, occupate rispettivamente da quello che sembra essere un cassiere e da un giovane simile a un segretario. Quest'ultimo è chino su un portatile, e non alza lo sguardo nemmeno per rispondere al mio saluto. Il cassiere, che a giudicare dalla costituzione florida forse è il proprietario stesso del negozio, è chino anche lui, ma su un cellulare. Nemmeno lui alza o sguardo per rispondere al mio saluto.
Io, imbarazzato, mi schiarisco la voce per attirare l'attenzione di uno dei due. Il cassiere/proprietario cede e mi mette a fuoco. Parte il mio piano.
Gli chiedo una cassa d'acqua, indicando a gesti il mucchio al centro del negozio. "Enagnonda" dice lui rapido, con un tono che non lascia indovinare se sia una domanda, una risponta o un'esclamazione su quanto appena letto sul suo profilo Facebook. Spiazzato, decido di fingere di aver capito e proseguo con la mia scaletta, specificando che voglio una cassa di Zagori.
"Otifèlete*". Questa è sicuramente rivolta a me, anche se la direzione dello sguardo, fisso sul cellulare, non aiuta. La frase sarebbe facile da capire in qualsiasi altro contesto, soprattutto perché accompagnata dall'universale gesto del "Fai un po' come ti pare", ma qui io scorro gli occhi sul mucchio al centro cercando una etichetta che corrisponda a quanto appena sentito. Non la trovo, ma fingo di nuovo di aver capito e proseguo con l'ultima frase preparata:
"Poso cani?" chiedo quindi, fingendo baldanza.
E lui, questa volta guardandomi: "Ena ogdonda". Uno e ottanta.
Rido solo io, pago ed esco in strada con la mia cassa d'acqua.
------------------
*"O,ti fèlete" = "Tutto quel che volete".
Me la sono preparata un po', lo ammetto. Ho un progetto.
Devo chiedere una cassa d'acqua, il che più o meno dovrebbe corrispondere a "Felo ena boh nerò", dove "boh" sta per un gesto a forma di cassa, o un indice opportunamente puntato verso il prodotto richiesto, perché come si dice "cassa" proprio non lo so. Lui allora mi domanderà "Quale acqua?", visto che ne ha più marche, e io sceglierò la Zagori, non perché sia più buona ma perché è, di solito, la più economica.
Lui me la darà e io chiederò "Poso cani?", "quanto fa". Pagherò e andrò via ringraziando.
Mi sento pronto e quindi, come scrivevo, entro.
Mi accoglie una penombra vasta, di legno scuro e bottiglie ordinate in scaffali alti fino al soffitto. C'è un registratore di cassa e una scrivania, entrambe sulla sinistra, occupate rispettivamente da quello che sembra essere un cassiere e da un giovane simile a un segretario. Quest'ultimo è chino su un portatile, e non alza lo sguardo nemmeno per rispondere al mio saluto. Il cassiere, che a giudicare dalla costituzione florida forse è il proprietario stesso del negozio, è chino anche lui, ma su un cellulare. Nemmeno lui alza o sguardo per rispondere al mio saluto.
Io, imbarazzato, mi schiarisco la voce per attirare l'attenzione di uno dei due. Il cassiere/proprietario cede e mi mette a fuoco. Parte il mio piano.
Gli chiedo una cassa d'acqua, indicando a gesti il mucchio al centro del negozio. "Enagnonda" dice lui rapido, con un tono che non lascia indovinare se sia una domanda, una risponta o un'esclamazione su quanto appena letto sul suo profilo Facebook. Spiazzato, decido di fingere di aver capito e proseguo con la mia scaletta, specificando che voglio una cassa di Zagori.
"Otifèlete*". Questa è sicuramente rivolta a me, anche se la direzione dello sguardo, fisso sul cellulare, non aiuta. La frase sarebbe facile da capire in qualsiasi altro contesto, soprattutto perché accompagnata dall'universale gesto del "Fai un po' come ti pare", ma qui io scorro gli occhi sul mucchio al centro cercando una etichetta che corrisponda a quanto appena sentito. Non la trovo, ma fingo di nuovo di aver capito e proseguo con l'ultima frase preparata:
"Poso cani?" chiedo quindi, fingendo baldanza.
E lui, questa volta guardandomi: "Ena ogdonda". Uno e ottanta.
Rido solo io, pago ed esco in strada con la mia cassa d'acqua.
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*"O,ti fèlete" = "Tutto quel che volete".
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