La vita è una giovane donna stesa accanto a te. Sembra dormire, beata nel sole di luglio, e se fai attenzione puoi sentire il suo respiro rilassato, profondo. La pelle nuda delle sue spalle, del suo collo, è profumata e liscia e abbronzata del colore dorato delle spiagge di Ios. Desideri con tutto te stesso toccarla, o almeno sfiorarla carezzarla, ecco che le tue dita si muovono da sole con un'intenzione che non pensavi tua, ma poi si fermano, a pochi millimetri, là dove ti sembra di sentire il suo calore nonostante il tepore estivo. Hai paura di svegliarla. Di più, non sai come reagirà al suo risveglio: accetterà la tua carezza, o si scuserà imbarazzata lasciandoti in fretta? E allora rimani così, immobile, quasi trattenendo il respiro, a cercare di credere di sentir fluire qualcosa nonostante la distanza, ad assaporare tutte le possibilità future, che il tuo gesto rimandato - solo di un altro poco, promesso - lascia intatte.
È così che vedo sfuggire le isole più belle, in questi giorni. Mi stendo accanto a loro, la notte, sfiorandole appena con l'unghia della mia àncora, e poi al mattino le saluto senza aver compromesso con un mio gesto deliberato alcuna delle infinite fantasie che le loro forme giovani e forti mi hanno ispirato. Astipalaia, Anafi, brulle e dorate, battute dal vento, solitarie, beate nel sole di questo settembre che sta sfumando.
Tornerò, mi dico, avrò tempo, mi ripeto, e tiro su le vele continuando la mia testarda corsa verso Ovest.
Una rotta bassa quest'anno, per sfuggire al mare peggiore. Una rotta solitaria, siamo talmente pochi che quando ci incontriamo, raramente, in rada, ci salutiamo come fossimo gli ultimi umani sopravvissuti su Marte. Ma da lontano, senza abbandonare i nostri gusci, attenti ognuno alla propria fragile sopravvivenza. Poi, ognuno per la sua strada.
È strano come non mi senta solo, in mare, tra le onde ormai più alte di me, o nelle rade deserte dove il meltemi urla scuotendo l'albero e le sartie e la barca intera fin giù alla deriva. Ma oggi, per la prima volta da quando ho lasciato Leros, una settimana fa, ho messo piede a terra.
Ho remato controvento fino alla riva, ho tirato su il tender lungo la spiaggia dorata - granito e pomice, ha riconosciuto il geologo che ho dentro mentre la attraversavo scalzo - e sono andato in cerca di provviste tra i negozi del piccolo agglomerato turistico di Milopotamou.
La stagione sta finendo, poche coppie prendono il sole, alcuni passeggiano in strada. Una ragazza bionda con le labbra carnose siede imbronciata a un caffè, guardando fissa il mare. Il suo uomo è lì accanto, lontano, distratto, forse conta le ore. Proseguo, in leggera salita, entro nel negozio."Yassas", un sorriso gentile e un paio di occhi grigi come il mare d'inverno mi indicano lo scaffale dei pomodori. La birra e il pane li trovo da me. Saluto di nuovo uscendo, speranzoso, ma gli occhi grigi guardano già altrove. Sono solo, la consapevolezza arriva dolce ma mi lascia comunque senza fiato. Non appartengo a questo luogo, era già talmente ovvio anche un attimo fa, eppure irragionevolmente non posso fare a meno di desiderare un ruolo, qui, per cui essere riconosciuto. Anche piccolo, purché definito, quand'anche fosse quello del marinaio che scende a terra di tanto in tanto a rifornirsi di pane, pomodori e birra. E invece attraverso il villaggio nell'indifferenza generale, invisibile, lasciandomi dietro una densa scia di improvvisa malinconia. Mi sento alieno, sono l'ultimo Marziano sulla Terra.
Rimesso il tender in acqua do due colpi di remi e poi lascio sia il vento a riportarmi fuori, lontano, solitario eppure non più solo. Tornato a bordo prendo subito il largo, impaziente di affrontare le onde e la schiuma e dimenticare il grigio del mare d'inverno e la spiaggia dorata semideserta e muta.
E viaggio, di bolina, il vento è gentile oggi, e le onde quasi mai bagnano il pozzetto. Viaggio verso Nord stavolta, ho cambiato idea, anzi no, non ce l'avevo proprio, un'idea. Scelgo le mie tappe "come una giovane ragazza impulsiva", mi hanno accusato di recente. Ma cosa c'è di più bello che mantenere fino all'ultimo momento e anche oltre tutte le infinite possibilità che i nostri gesti rimandati lasciano intatte?
La vita è una giovane donna stesa accanto a te. Sembra dormire, beata nel sole di settembre, e se fai attenzione puoi sentire il suo respiro rilassato, profondo. La pelle nuda delle sue spalle, del suo collo, è profumata e liscia e abbronzata del colore dorato delle spiagge di Ios. Tu le passi accanto attento a non disturbarla, timoroso di spezzare l'incantesimo che per un istante sembra prometterti infinite possibilità future. Ti stendi accanto a lei in silenzio e resti immobile, attento al suo respiro regolare, aspettando un gemito appena accennato che ti illudi sia, nel sonno, dedicato a te.
E poi lei apre i suoi grandi occhi, ti vede, sorride, si stira un poco le braccia, si alza e se ne va.
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