In due parole. Sono qui a Poros, a fine settembre. Il porto, la baia, sono pieni come fosse metà agosto di tre o quattro anni fa. Ho fatto amicizia con lo skipper alla mia sinistra, Cristiano, aiutandolo ad infilare il suo 56’ nello spazio normalmente destinato a un 40’. Ho fatto amicizia con la coppia norvegese che gli ha fatto spazio dall’altra parte. Alla mia destra Maurizio e Nadia sono pronti per salpare, devono alare oggi. Li saluto e scendo a versarmi il caffè dalla moka.
Sento il rumore sommesso del loro motore, quello ancora più debole, mentre si allontanano, della catena che sale. Si interrompe: evidentemente sono arrivati in verticale sull’ancora, ora si assestano e la tirano su. E invece del ronzio del verricello sento le urla di Nadia. Esco di corsa a controllare.
Un charterista, lanciato a palla da nord a sud, li sta per investire.
Non me ne vogliano i charteristi, tra loro c’è gente simpatica e antipatica, ci sono stronzi e brave persone, arroganti e umili in ugual misura che in ogni altra categoria umana. E tra loro ci sono bravi marinai e incapaci totali. Parafrasando Tolstoj, però, tutti i bravi charteristi si assomigliano fra loro, ogni charterista incapace è incapace a modo suo.
Ovvero: la stronzaggine della categoria è statistica, ma i disagi provocati sono numerici. Ed essendo ormai i charteristi letteralmente migliaia, i numeri percepiti sono esageratamente alti.
Quindi, con buona pace delle brave persone, bravi marinai, che noleggiano una barca e si fanno la loro settimana senza seminare disagio nel mondo attorno a loro, passando per questo inosservati, quando scrivo “charteristi” non posso farlo senza una certa dose di astio.
Il charterista in questione non tenendo conto di essere in un porto sfrecciava alla massima velocità consentita dal suo motore fumante. non tenendo conto di essere in un porto non faceva attenzione alle imbarcazioni in manovra. Pensava, evidentemente, che una barca ferma a duecento metri da lui fosse lì a fare da bersaglio, o se anche aveva intuito che Maurizio e Nadia stavano alando la catena, che la manovrabilità di una barca con l’ancora a picco piantata nel fango del canale fosse tale da scansarlo. O forse non pensava proprio, non guardava proprio, se ne fregava altamente. Tanto che invece di rallentare, di manovrare per tempo e sfilare di poppa, o almeno di chiedere scusa, ha fatto il pelo alla prua di Maurizio e Nadia e ha urlato loro, nel passare:
“Lookout!”
Come a dire: ho noleggiato, e sto esercitando, il mio sacrosanto diritto di essere un coglione, e quindi sta a voi controllare che nel mio esercitarlo non vi venga addosso per puro, ignorante, arrogante capriccio.
Commenti
Posta un commento