Io e MaLa dormiamo, in teoria, nella cuccetta di prua. Trattasi di una tomba a pozzo di forma triangolare, profonda quanto basta a non arrivare alle maniglie dell'osterigio quando sei sdraiato, ma a colpirle con il cranio non appena provi a sollevarti sulle ginocchia per uscire, con un giaciglio centrale abbozzato nella pietra contornato da ripiani ove può trovare posto un modesto corredo qualora esso sia composto solo da bende eventualmente intrise in uguenti contro il mal di schiena. Perché ce l'avrai, il mal di schiena, domattina.
Io e MaLa, dopo una prima notte infernale, abbiamo stabilito a maggioranza assoluta che sarà meglio dormire in dinette. Questo comporta smontare il tavolo centrale, aspostarne a forza le gambe in alluminio e inzepparne altre, sempre in alluminio, tagliate sapientemente di una misura tale da lasciare tra il tavolo stesso e i divani circostanti un gradino alto il giusto per spostare la vertebra di colui che si addormenti di traverso senza però reciderne il midollo. Infine c'è da rubare il cuscino prendisole del lettino esterno di dritta, l'unico che si adatti vagamente al tavolo ora abbassato, pena dormire sulla tavola, e incastrare le lenzuola sotto gli schienali dei divanetti.
Un'operazione non difficile, ma alla quale occorre dedicare una certa attenzione e non poco tempo. Un'operazione che, questa sera, rimandiamo perché quando siamo colti dal sonno tutto l'equipaggio è ancora in festa, tra la dinette e la veranda.
Andiamo invece a tumularci temporaneamente nel sarcofago di prua, ci incastriamo alla bell'è meglio e in un attimo, nonostante le allegre risate provenienti dalla poppa, stiamo già ronfando.
Ci svegliamo a metà notte, assonati e incriccati, ci liberiamo reciprocamente le membra, ci mettiamo sotto braccio il cuscino e le lenzuola e, sbattendo il cranio sulle maniglie dell'osterigio, usciamo in coperta dirigendoci furtivamente verso la dinette.
Sotto le stelle caraibiche tutti dormono, e a piedi nudi scivoliamo silenziosi - vuoi per rispetto vuoi per rincoglionimento - verso la comodità del nostro giaciglio promesso. C'è da smontare il tavolo, è vero; c'è da rimontarlo con le gambe di scorta, è vero anche questo. C'è da preparare il letto con materasso e lenzuola, giusto. Ma tra cinque minuti al massimo saremo di nuovo abbracciati - e questa volta per scelta e non per costrizione - nel sonno.
Quando entriamo in dinette ci accorgiamo subito che c'è qualcosa di strano. Non è tanto la confusione dei vari ripiani, della quale noi stessi siamo i maggiori azionisti, quanto per la festante presenza di una ventina di volatili, più precisamente pipistrelli, che a malincuore, e solamente dopo ripetuti inviti, sciamano fuori della porta aperta tornando alla nera notte di Mayereau.
Liberata la nostra camera da letto dagli ospiti indesiderati cominciamo a guardarci davvero intorno. Tutto, e sottolineo tutto, è coperto da un guano dall'odore dolciastro e dalla consistenza di marmellata. I topi volanti hanno divorato le banane mature rimaste nel cesto della frutta, e le hanno cacate in tempo reale su pavimento, divani e pareti. Anche la veranda ne è piena, come del resto dimostrano le piante dei nostri piedi che l'hanno calcata al buio.
Irrimediabilmente precipitati nel cattivo umore, malamente peggiorato dai pesanti fumi del sonno interrotto, passiamo la seguente ora a pulire e disinfettare ogni cosa e, contemporaneamente, a respingere gli attacchi dei locali seguaci di Dracula decisi a rientrare in possesso delle banane rimaste. Arrivano a sbattere sul vetro della porta finestra ora finalmente chiusa. Non che ci sia nulla di strano: anche io ora vi stampo spesso la faccia, di notte, diretto con occhi cisposi verso il "bagno grande", dopo averla io stesso accostata per "non far più entrare i pipistrelli".
Dopo un'ora abbondante passiamo quindi a preparare tardivamente il nostro giaciglio, non senza aver preventivamente disinfettato le mani e soprattutto i piedi, per ricordarci immediatamente dopo che il cuscino del prendisole esterno è ancora fuori e per prenderlo dobbiamo di nuovo camminare nel guano.
Niente ci fa più paura, però. Siamo temprati dalla malasorte, ma soprattutto pregustiamo ormai - è questione di minuti - una dormita eccezionale sul letto più comodo che noi possiamo in questo momento desiderare.
Esco a prendere il cuscino, perciò, l'ultimo pezzo che manca per risolvere il nostro rompicapo notturno. I pipistrelli l'hanno perfino risparmiato: è pulito come se loro non esistessero e non usassero cacare banana candita su noi innocenti diportisti.
Il cuscino è pulito, lo prendo e faccio per portarlo dentro, trionfante.
Per accorgermi che nel frattempo ha piovuto. A vento.
Io e MaLa, dopo una prima notte infernale, abbiamo stabilito a maggioranza assoluta che sarà meglio dormire in dinette. Questo comporta smontare il tavolo centrale, aspostarne a forza le gambe in alluminio e inzepparne altre, sempre in alluminio, tagliate sapientemente di una misura tale da lasciare tra il tavolo stesso e i divani circostanti un gradino alto il giusto per spostare la vertebra di colui che si addormenti di traverso senza però reciderne il midollo. Infine c'è da rubare il cuscino prendisole del lettino esterno di dritta, l'unico che si adatti vagamente al tavolo ora abbassato, pena dormire sulla tavola, e incastrare le lenzuola sotto gli schienali dei divanetti.
Un'operazione non difficile, ma alla quale occorre dedicare una certa attenzione e non poco tempo. Un'operazione che, questa sera, rimandiamo perché quando siamo colti dal sonno tutto l'equipaggio è ancora in festa, tra la dinette e la veranda.
Andiamo invece a tumularci temporaneamente nel sarcofago di prua, ci incastriamo alla bell'è meglio e in un attimo, nonostante le allegre risate provenienti dalla poppa, stiamo già ronfando.
Ci svegliamo a metà notte, assonati e incriccati, ci liberiamo reciprocamente le membra, ci mettiamo sotto braccio il cuscino e le lenzuola e, sbattendo il cranio sulle maniglie dell'osterigio, usciamo in coperta dirigendoci furtivamente verso la dinette.
Sotto le stelle caraibiche tutti dormono, e a piedi nudi scivoliamo silenziosi - vuoi per rispetto vuoi per rincoglionimento - verso la comodità del nostro giaciglio promesso. C'è da smontare il tavolo, è vero; c'è da rimontarlo con le gambe di scorta, è vero anche questo. C'è da preparare il letto con materasso e lenzuola, giusto. Ma tra cinque minuti al massimo saremo di nuovo abbracciati - e questa volta per scelta e non per costrizione - nel sonno.
Quando entriamo in dinette ci accorgiamo subito che c'è qualcosa di strano. Non è tanto la confusione dei vari ripiani, della quale noi stessi siamo i maggiori azionisti, quanto per la festante presenza di una ventina di volatili, più precisamente pipistrelli, che a malincuore, e solamente dopo ripetuti inviti, sciamano fuori della porta aperta tornando alla nera notte di Mayereau.
Liberata la nostra camera da letto dagli ospiti indesiderati cominciamo a guardarci davvero intorno. Tutto, e sottolineo tutto, è coperto da un guano dall'odore dolciastro e dalla consistenza di marmellata. I topi volanti hanno divorato le banane mature rimaste nel cesto della frutta, e le hanno cacate in tempo reale su pavimento, divani e pareti. Anche la veranda ne è piena, come del resto dimostrano le piante dei nostri piedi che l'hanno calcata al buio.
Irrimediabilmente precipitati nel cattivo umore, malamente peggiorato dai pesanti fumi del sonno interrotto, passiamo la seguente ora a pulire e disinfettare ogni cosa e, contemporaneamente, a respingere gli attacchi dei locali seguaci di Dracula decisi a rientrare in possesso delle banane rimaste. Arrivano a sbattere sul vetro della porta finestra ora finalmente chiusa. Non che ci sia nulla di strano: anche io ora vi stampo spesso la faccia, di notte, diretto con occhi cisposi verso il "bagno grande", dopo averla io stesso accostata per "non far più entrare i pipistrelli".
Dopo un'ora abbondante passiamo quindi a preparare tardivamente il nostro giaciglio, non senza aver preventivamente disinfettato le mani e soprattutto i piedi, per ricordarci immediatamente dopo che il cuscino del prendisole esterno è ancora fuori e per prenderlo dobbiamo di nuovo camminare nel guano.
Niente ci fa più paura, però. Siamo temprati dalla malasorte, ma soprattutto pregustiamo ormai - è questione di minuti - una dormita eccezionale sul letto più comodo che noi possiamo in questo momento desiderare.
Esco a prendere il cuscino, perciò, l'ultimo pezzo che manca per risolvere il nostro rompicapo notturno. I pipistrelli l'hanno perfino risparmiato: è pulito come se loro non esistessero e non usassero cacare banana candita su noi innocenti diportisti.
Il cuscino è pulito, lo prendo e faccio per portarlo dentro, trionfante.
Per accorgermi che nel frattempo ha piovuto. A vento.
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