Un mio amico mi ha chiesto, proprio l’altro giorno, se avessi abbandonato questo blog. Gli ho risposto “certo che no”, per poi subito dopo ritrovarmi a fornire scuse per non avere, in effetti, pubblicato nulla negli ultimi mesi.
Perché, mi sono reso conto, quasi l’intera estate è scivolata via senza che io abbia raccontato nulla di me, o di lei.
Eppure di avventure ne abbiamo vissute. Dal cantiere di Limni a Orei, alle Sporadi, a Sithonia nella Calcidica, e poi Athos, e tutto il golfo fino ai luoghi che videro Aristotele fanciullo. E Thassos, e Samotraki. Limni, poi, e Lesbo e infine Psarà. Il tutto accompagnato da amici, a bordo e ancora di più fuori: incontrati nei porti e nelle rade, accompagnati in traversate, sentiti per telefono o seguiti su internet. Una comunità diffusa che esiste e resiste nonostante sia ormai palese che, come già scrivevo lo scorso anno, le praterie sconfinate si siano ridotte a poche isole, pochi moli. Nonostante tutto sia o stia per essere monetizzato, sfruttato, vandalizzato in nome dello “sviluppo”.
Ecco, sono già arrivato al punto. Di mio, mi limito a prendere atto che gli spazi di manovra si sono ridotti, che il tempo dei nomadi marini sta per finire, e ad approfittare degli ultimi scampoli di libertà, di umanità e di natura ancora a mia disposizione. I miei pochi lettori affezionati probabilmente mi capiranno, più o meno d’accordo col mio punto di vista.
Ma tanti altri storceranno il naso. Parte perché onestamente convinti che il mondo funzioni, e/o debba funzionare, secondo il concetto del produco/guadagno/pago/pretendo. Parte perché rosicano per la nostra scelta e (pur avendo più mezzi di noi) non hanno il coraggio di replicarla. E parte - i peggiori - perchè appartenenti alla genia di coloro per i quali quel che è di tutti non è di nessuno, e se non è di nessuno allora può essere loro, e se è loro hanno il diritto, ma che dico, il dovere di farlo fruttare. Dove per “farlo fruttare” intendo che la spiaggia deserta diventerà cemento, il suono delle onde discoteca, la baia un parco acquatico dove bruciare in adrenalina farlocca per umani annoiati ettolitri di carburante. Il viaggio sarà necessariamente veloce e indolore, come una corsa in metropolitana, così che i pochi giorni di vacanza siano un intenso, continuo venerdì sera, e passata la settimana sia altrettanto veloce e indolore lo sgombero dei portafogli ormai vuoti, a vantaggio dei nuovi - gonfi - in arrivo.
Costoro sono convinti che la loro personale ricchezza sia l’unico valore da conseguire nell’esistenza. E tutto il resto, sia questo costituito da persone, concetti, culture, ma anche albe tramonti e cieli stellati, siano al mondo solo per venire asserviti allo scopo.
Sarà stato il covid, sarà stato il populismo, saranno state le fake news, sarà stato forse internet e i social, oppure i miei anni che si accumulano e mi rendono più sensibile e al contempo spigoloso, ma questa gente sta invadendo ogni centimetro.
Il popolo del “se non puoi permettertelo restatene a casa”, che io nel mio immaginario associo, sbagliando di certo, a quello di “parlateci di Bibbiano” e di “e allora i Marò”. Di quelli che si lamentano degli altri solo perché non riescono ad uguagliarli in avidità ed egoismo. Di quelli che aprono tutte le bottiglie di latte della cambusa perchè “le ho pagate io e ci faccio quel che voglio”, preferendo che cibo buono vada buttato piuttosto che donato alla donna delle pulizie del Caribe.
Non ce la posso fare. So che quel che pubblico prima o poi finirà anche davanti ai loro occhi. E allora di pubblicare non ne ho più molta voglia.
La Heart of Gold si stava avvicinando al punto cruciale del suo viaggio interstellare. Di lì a pochi minuti sarebbe stata risucchiata dalla forza di gravità e sparata a tutta velocità attraverso il canale centrale della nebulosa fino allo spazio libero, vuoto e sicuro che la separava dalla sua destinazione finale. Aveva poco tempo, perché il flusso gravitazionale, ora favorevole, si sarebbe invertito in meno di un’ora. Ai comandi, Arthur scrutava con attenzione le orbite degli asteroidi più vicini, quando Trillian esclamò proccupata: “C’è un oggetto in rapido avvicinamento dietro di noi”. Il computer anticipò le loro intenzioni proiettando sullo schermo principale l’immagine di un’astronave tozza, sgraziata, grigia. “Arthur: è un’astronave Vogon!” “Sì, ma non stanno certo cercando noi...” “Invece si avvicinano, mi sembra facciano segnali…” “Stanno aprendo un portello… Dio quanto sono brutti!” “Cosa vorranno? Non recitarci una poesia, spero” “Se dovessero solo minacciarlo, ...
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