Vado a letto con le galline, ma prima di infilarmi in cuccetta do un'ultima occhiata al cielo notturno di ottobre.
La baia è deserta e le uniche luci, oltre a quella del nostro albero, sono quelle di una casa lontana, un golfo più in là. Ancora non è sorta la luna.
E la volta notturna è uno spettacolo meraviglioso. Dritto verso la polare, seguendo il grande carro scopro, basso sull'orizzonte occidentale, Arturo. Sopra di lui, enorme, Boote, e alla sua sinistra la piccola "c" della corona boreale che indica Eracle, il nostro protettore.
La via lattea percorre Duna da prua a poppa, disegnata nell'aria con delicati acquerelli in batuffoli morbidi ed evanescenti. Cassiopea è appena sulla dritta, il Cigno allo zenith, il Delfino, minuscolo e aggraziato, lì a fianco. Il Sagittario, il gigantesco Giove incastonato tra gli astri della costellazione, domina a poppa. Marte, sanguigno, controlla le colline che bordano ad oriente il nostro ridosso.
Tre stelle cadenti ci salutano rapidamente incrociandosi nel cielo di sud est. A parte il freddo pungente, la notte è perfetta.
La sveglia suona alle quattro e mezza. Mi vesto, lento e assonnato, ed esco in pozzetto. Il cielo ha percorso un terzo del suo giro quotidiano. Cassiopea e l'Orsa si sono quasi scambiate di posto. Il Cigno è tramontato ma al suo posto c'è il Toro, inseguito come in tutte le notti del Mondo che è stato e che sarà da Orione e dal suo cane. Invece di Marte ora è Venere a vegliare ad Oriente, mentre il dio della guerra si è mosso a Occidente, e ci indica la via verso Andros. Una stella cadente azzurra ci fa segno di andare, e noi aliamo l'ancora, costeggiamo la costa rocciosa - che conosco bene dalla mia immersione di ieri - per evitare i palamiti dei pescatori al centro della baia, e prendiamo il mare inghiottiti dalla notte.
Il buio si richiude dietro di noi, e nel nostro spazio ormai vuoto, al centro della baia, rimane solo un delicato aroma di caffè.
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