Mi godo molle il dormiveglia della prima mattina di riposo, qui a Poros. I rumori del paese che piano piano torna alla vita mi conciliano gli ultimi sogni a base di ritorni, di nuove partenze. Di tette.
Nella mia cuccetta, sotto lenzuola e piumino, ronfo beato vagamente progettando di piegare il fiocco, di lavare il genoa, di smontare e sistemare il candeliere che fa acqua da quando per aiutare una barca in difficoltà ho lasciato mi si schiantasse sulla battagliola, tempo fa. Un dolce, lento risveglio.
Quando sento una catena salpata e un'elica di prua che si avvicina, semplicemente mi alzo a metà, sbircio dall'oblò gli alberi delle due barche accanto a me, entrambe francesi, che mi separano da una nutrita flottiglia di bionda gente dell'est e, controllato che nessuno dei miei vicini stia uscendo proprio a quest'ora, me ne torno orizzontale.
Ed ecco improvvisamente delle voci in Ostrogoto, cui rispondono degli insulti in Francese, motore, motore e tanta, troppa elica di prua che Iddio la strappi a forza dalle ditina delicate dei charteristi. Botto.
Mi materializzo in pozzetto con le mie mutande a righe e c'è un Oceanis 45 pieno di Russi e Russe, una al timone, traversato contro la mia prua e contro quelle delle due barche alla mia destra. Da notare che l'unico posto libero, quello da cui loro sono evidentemente usciti, è cinque ormeggi più in là. Ed è la giornata più priva di vento dell'ultima era geologica.
Quando arrivo a prua i barbari hanno già marchiato con il loro spigolo entrambi i Francesi e sono occupati a cercare il punto debole della Duna. Lei però ha la prua tradizionale, e la poppa dei guastatori gli passa un pelo sotto. Finiscono sulla mia catena e faccio appena in tempo a gridare ripetutamente alla bionda "to the other side, to the other side!" per cercare di salvare il mio ormeggio e, in seconda battuta, volendo, il loro timone, che si intruppano e smotorano tentando di portarmi via con loro, che magari a cena son pure simpatici ma adesso proprio no, lasciatemi solo.
Faccio per sciogliere la ritenuta e mollare calumo, quando il timoniere finalmente decodifica le mie parole, gira la ruota dall'altra parte, si libera e si allontana.
"Thank you" mi urla il tipo a poppa, quello che poverino si ammalalerà gravemente nei prossimi anni per la prolungata e ravvicinata esposizione agli insulti e alle maledizioni, che se le parolacce avessero un peso stamattina avrebbero spostato le montagne.
E se ne vanno a velocità autostradale.
I vicini francesi stanno facendo la conta dei danni, qualche graffio, forse il pulpito ammaccato. "Ma come hanno fatto, come ci son riusciti?" chiedo loro, indicando la distanza tra il posto libero in banchina e noialtri.
Uno dei maschi alza le spalle, incredulo quanto me. La donna finisce la sua ispezione e sintetizza: "Marcia indietro, marcia avanti, elica, marcia indietro, marcia avanti, elica, bum."
Annuisco, mi pare una buona ricostruzione dei fatti, quantomeno l'unica possibile. Che Iddio spezzi loro i ditini, commento nella mia lingua, auguro il buon giorno a tutti e scendo a fare colazione.
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Ahahah...cose di tutti i giorni ...in Egeo ...
RispondiEliminaAlessandro
Un bel risveglio........meglio la noia di un solito risveglio
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