Mi sveglio e scivolo giù dal letto. Cerco di tenermi in piedi nel rollio irregolare del corridoio. A piccoli passi, tenendomi alle pareti, arrivo fino in bagno. Apro la finestra e guardo fuori. Il parcheggio ha tenuto, le fondamenta hanno fatto testa. Nella calma piatta, i palazzi immobili si ergono ad oscurare il cielo settembrino. Rumore di automobili, vociare di bambini. Chiacchiericcio dei pensionati in fila fuori delle Poste. L'odore della pioggia appena passata si mescola a quella dell'asfalto, predominante. Cemento bagnato, gas di scarico, cani in libera uscita.
Le nuvole tra i tetti sono le stesse a cui siamo scampati appena ieri, ma da qui non fanno paura, o piacere, non si vedono che in parte e non è possibile apprezzare la loro terribile bellezza. Non sono nulla, solo un colore grigio a tombare l'inizio di questa prima giornata a terra.
Spazio, quanto spazio. Provo timidamente a prenderne possesso, camminando a testa alta, buttando in avanti i piedi senza curarmi di evitare cime, coppiglie, ferramenta di coperta. Mentre mi stiro sbatto con la caviglia sul termosifone dell'ingresso e il dolore improvviso supera per un attimo il torpore dei muscoli irrigiditi da dodici ore di improvviso riposo sul materasso in lattice.
Arrivo in cucina, la colazione è lì, pronta, ma per arrivare ai fornelli non ho bisogno di intrufolarmi tra la murata e Manuela (che ha superato il trauma prima di me - o forse non l'ha ancora affrontato), e con la mia tazza di caffellatte caldo sono momentaneamente combattuto tra consumarlo qui in quadrato o uscire in pozzetto, al fresco.
Opto per la prima ipotesi e rimango in isolamento acustico. Manuela è al computer, riallaccia i primi rapporti col mondo pagando bollette. Mi siedo accanto a lei, per ritrovare nello spazio ristretto un po' di quell'intimità che si sta già diluendo. Non ho ancora avvertito nessuno del mio rientro, e con questo libeccio tutti mi crederanno ancora ridossato a Ponza o a Palmarola. Meglio così: ho bisogno di tutto il tempo del mondo per riabituarmi all'idea - quantomai sgradevole - di essere finalmente tornato.
Mentre faccio questi pensieri squilla il telefono: mi hanno trovato. Sono disponibile per dopodomani a Taranto? Lo strumento è già nella sua cassa, e con DHL in un giorno arriva giù. E io, sono pronto a rientrare nell'imballo?
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