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Visualizzazione dei post da luglio, 2013

18 metri di calumo

Si avvicinano prua al vento. Il giovane svetta a prua, villoso, col telecomando del verricello saldamente nella mano destra. La rada del Frontone è quasi vuota, almeno rispetto a ieri sera. Ieri sera, al nostro arrivo, al crepuscolo, eravamo stati costretti a dare àncora in 15 metri d'acqua. Non più di 50 metri di catena per paura di scodare contro le barche vicine in caso di cambio di vento. L'allineamento preso a terra ci aveva rassicurato, costante,  per tutta la notte, ma in mattinata, con le prime raffiche del Maestrale vero, ha cominciato a scadere lentamente di pari passo al nostro arare il fondo. Poco male: con la rada libera, come già detto, ci siamo presi il lusso di fare colazione, studiare le previsioni meteo, disegnare la rotta per domani -  sottocosta fino a Capo Palinuro, poi per Sud verso Vulcano - per poi salpare l'àncora e dare di nuovo fondo davanti alla spiaggia, in 6 metri d'acqua, con 30 metri di calumo. Le barche più vicine sono fuori dalla

La sindrome di Romolo

Ogni estate la stessa storia: a pochi giorni dal momento di mollare gli ormeggi ancora la rotta da seguire è solo una vaga ipotesi. Ce ne siamo resi conto pienamente appena ieri. Un mio amico mi ha proposto di raggiungerci in Grecia e fare qualche giorno con noi, aggiungendo: "Sai darmi un programma di massima, delle date certe, dei porti dove sicuramente passerete?". Macché. Ragionando per una sera, ci siamo dovuti arrendere all'evidenza: di certo non c'è nemmeno la destinazione finale. Basterebbe una perturbazione nello Ionio nel momento in cui saremmo pronti ad attraversarlo per costringerci a decidere tra rimandare il nostro arrivo dall'altra parte di una settimana o di un anno. Ma poi, dall'altra parte dove? Corfù? Cefalonia? Itaca? Zante? Decideremo in mare, a seconda del vento e dell'onda, suppongo. E una volta lì? E al ritorno? Sfogliando pigramente i portolani, consultando le carte, ipotizzo rotte su OpenCPN. I luoghi cui dovremo sfilar

Le gare dell'infanzia

Sto cenando davanti al computer, sorseggiando birra e "chiacchierando" contemporaneamente. La discussione della serata è partita dalla barca comoda e sicura, per arrivare alla robustezza vs velocità, a barche moderne vs barche di una certa età, racer vs cruiser e compagnia bella. Mi ricorda tanto l'eterna discussione sui forum di hockey in line "ghiacciaioli sì/ghiacciaioli no", che ricicciava regolarmente alla vigilia di ogni playoff in cui le squadre impegnate calavano i pezzi da novanta finalmente liberi dalla stagione di hockey ghiaccio. Per quanto ne so stanno ancora lì a litigare sull'aria fritta.  In ogni caso a questo punto della serata abbiamo finalmente scoperto che se la barca è troppo carica non va, il che è lapalissiano, qualcuno potrebbe notare.... infatti la discussione si dirige verso la quantificazione del “troppo”. Io vengo citato scherzosamente - ma mica poi tanto - come esempio negativo. Ho la barca troppo carica, a detta di q

to the last syllable

La gente muore, continuamente. La gente muore sotto un'auto, muore d'infarto, di tumore. Muore ammazzata, affogata, muore di vecchiaia. Non c'è scampo, non c'è eccezione. Noi siamo la gente. Muoiono i migliori, certo, ma anche i peggiori non sopravvivono in eterno. Niente dura to the last syllable of recorded time , figuriamoci la vita, così complicata, così fragile, così – oggettivamente – improbabile. È morto Douglas Adams, nel fiore degli anni, in una palestra californiana. È morto Göran Schildt , che ha fatto in tempo a farsi fotografare a colori, ombra del viaggiatore a vela di un tempo, sullo sfondo del golfo della sua Leros. È morto anche Shakespeare, per chi non lo sapesse, la sua chiassosa ora sul palcoscenico è finita da un pezzo. Da solo per mare, i pensieri hanno poco spazio tra una manovra e l'altra. Ma quando, nell'ora più bella in cui il mare è del colore del vino, l'àncora agguanta sicuro il sospirato fondale, o quando