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L'Egeo senza Meltemi


È la prima volta che siamo qui, per cui non siamo in grado di apprezzare alcuna differenza rispetto agli anni passati quando, per l'appunto, eravamo altrove.
Abbiamo però il nostro fido portolano, quello scritto dal mitico Rod (non me ne voglia Francesca, ma il suo libro è uscito che noi avevamo già passato Corinto), il quale con grande sicurezza e una notevole dose di ironia - parlo dell'edizione originale inglese, non so come sia uscita la traduzione - elenca e descrive i migliori ridossi dal Meltemi.

Arriviamo a Serifos in tardo pomeriggio. Il molo è stracarico, con barche ormeggiate all'inglese affiancate al nulla pur di essere lì ora, la rada ci ricorda i ristretti spazi italici. Fiduciosi, e baldanzosi perché ormai son due mesi che siamo a zonzo e cominciamo a sentirci fighi, facciamo un paio di passaggi, poi ci infiliamo tra due barche e al comando "fila!" l'àncora cala sul fondo, fa testa. La barca si blocca, la frizione del verricello scorre. Tutto regolare: ruoto con la prua al vento e caliamo altri 10 metri di calumo. Birretta, olive, relax.
Nota bene: la rada di Serifos è un buon ridosso dai venti da nord, ora il vento viene da sud. Ma non è forte, e l'ancora tiene, e abbiamo 40 metri di catena in 9 metri d'acqua, col fondo che sale sotto la barca. Relax, appunto.

Finita la prima lattina di Mithos, con il piatto del formaggio ancora invitante sotto lo sprayhood, ecco che finalmente la nuvola accumulata dietro la chora decide di sganciarsi. In un attimo si sfilaccia a scompare verso est. Subito dopo il vento salta di 180 gradi, e comincia a soffiare da nord. Fortino.
Vuoi l'àncora, vuoi il calumo, vuoi situazioni preesistenti che non ci è dato conoscere (con quale vento avevano ancorato le altre barche?) la nostra poppa si ritrova a 5 metri dalla prua di un Greco. Lui non se ne cura, ma io ho già dato quest'anno, e la notte - ho imparato - voglio dormire, così ordino alla ciurma di prepararsi a rifare la manovra. 
La ciurma mugugna qualcosa contro il destino cinico e baro, ma obbedisce. "Siamo liberi", motore verso la spiaggia alla ricerca di una chiazza chiara. 5 metri, caliamo, retromarcia,  e la barca si ritrova esattamente dove prima. "Di nuovo", e di nuovo la stessa manovra, diamo àncora su 4.5 metri, e di nuovo la catena rimane libera mentre la barca scivola a retromarcia. Il mitico Rod in effetti lo dice, che qui il fondale è infame, e aggiunge filosoficamente "just keep trying". E noi keep trying somewhere else, puntando verso l'altra estremità della spiaggia, quella lontana dal porto, con la ciurma che minaccia un ammutinamento perchè il destino ci nega la vicinanza con la civiltà,  proprio oggi che dobbiamo far la spesa. Cerchiamo la chiazza di sabbia perfetta, che ovviamente non c'è, o comunque se anche c'è non si vede perché è quasi buio.
"Qui è buono" propongo a metà tra un charterista (guarda quell'idiota quanto sta vicino alla spiaggia, pensavo solo pochi minuti fa, e adesso lui è alla seconda lattina di Mithos, mentre a me s'ammoscia il formaggio) e un Greco che s'è scelto il posto più lontano dal porto per stare tranquillo. Lui credeva!
Comunque qui non è buono, la ribellione monta, la chiazza di sabbia sembra sempre poco più in là,  un pizzico avanti alla prua, e così,  quando finalmente caliamo il ferro, e ci tiriamo dietro 25 metri di catena, siamo riusciti a rovinare il meraviglioso isolamento del Greco. Mi guarda, forse scocciato. Lo saluto amabilmente, lui mi risponde: pace fatta. Rimango a controllare le distanze, poi spengo il motore. Relax. Altra lattina di birra, rinforzo di olive. Il vento da nord carica le batterie gagliardo. Certo, l'àncora è su un fondale di 3.9, se gira il vento rischiamo di scendere a terra senza bisogno del tender, ma questo è il Meltemi, cazzarola: una sicurezza. Anche Poseidon, il sito meteo greco, ha predetto tutto questo. Siamo sicuri, e ci dedichiamo a fare progetti per domani quando, proprio un decimo di secondo prima di chiudere gli occhi stanchi alla notte stellata, il vento salta di nuovo di 180 gradi. È debole, ma ci spinge verso la spiaggia.
Non so se esiste qualcuno in grado di chiudere occhio sapendo che esiste una vaga ma concreta possibilità di svegliarsi con la barca parcheggiata al chiosco dei gelati, io no.
Pensa e ripensa, l'unica che mi viene in mente è appennellare la seconda ancora, la cqr, e affondarla fino ad appoggiarla un poco sul fondo, ma non di più, per bloccare qualsiasi scadimento verso terra con questi venti deboli, ma non l'eventuale giro alla ruota se dovesse riprendere forte da nord: placcarlo alla luce della luna sarebbe uno scherzo di cattivo gusto per il nostro inconsapevole vicino.

Così passa la notte in assenza di Meltemi. Lui riprende soltanto la mattina, di buon'ora, riportandoci al largo. Intorno le barche sciamano via verso la loro prossima Ciclade - la situazione durante la sera era venuta sempre più rassomigliando alla rada del Frontone il 15 d'agosto - e alla fine ci ritroviamo soli. Dobbiamo andare a terra a fare la famosa spesa, la cambusa è quasi vuota, e poi vorremmo pranzare fuori, e poi salire alla chora... Accendo il motore, recupero due metri di catena, ingrano la retro e stendo il calumo verso il largo, cercando di ruotare fino a un'enorme chiazza di sabbia evidentemente formatasi durante la notte, perché ieri non c'era,  calo di nuovo la cqr e ci aggiungo, stavolta, 15 metri e spicci di catena. Pronti allo sbarco.

La giornata scorre come da programmi di massima, ma il Meltemi è chiaramente in crisi, dato che il vento continua a girare verso ovest o verso est a seconda di dove io mi diriga col tender, in maniera da soffiarmi sempre sulla fronte. Per il pranzo adocchiamo una taverna sulla spiaggia, l'Isalos, scegliendo di sederci nel giardino sul retro, all'ombra di un gigantesco tamericio. Nel frattempo il vento ha trovato la sua stabilità, soffiando F3 da sud, con tanto di pecorelle, o ochette che dir si voglia, diretto in spiaggia. La barca è tornata su 3.9 metri, praticamente è a picco sulla prima ancora, tenuta dalla seconda. Se regge sono un genio, se cede un coglione.

Un pranzo strano, quello in cui ogni 2 minuti mi giro verso il mare e controllo gli allineamenti che ho preso tra gli alberi della spiaggia e il mio - il resto della Duna  è nascosto da un padiglione - pronto a correre verso il tender senza pagare il conto. Un pranzo che però, piano piano, ha il sopravvento. A partire dai boccali di birra ghiacciati, e dal pane fresco, a seguire con le alici fritte... Il vento sta calando, o è la nostra tensione a sciogliersi tra le bollicine della Fix e le spezie delle kefkedes?
La cqr non cede, la barca rimane su 3.9, a forse 50 metri dalla spiaggia, noi torniamo indietro baldanzosi e gonfi di buon cibo, straripanti di buonumore. Il tempo di salire a bordo ed ecco che il vento gira a est, l'ecoscandaglio sale, sale sale. Poi a nord est, poi a sud, ma debole, solo per un attimo. Noi ormai ce ne disinteressiamo, fidandoci della soluzione adottata, che crediamo ormai vincente. Digeriamo pigramente distesi in coperta, chiacchierando ad occhi socchiusi. Il vento gira, gira, piano piano cala. È una finta? 
Probabile:  riprenderà a sorpresa da una direzione non prevista.

Ma, nel frattempo, noi qui, in dolce, pigra digestione pomeridiana, abbiamo il sorriso soddisfatto di chi è sopravvissuto ad un altro giorno di Egeo senza Meltemi.

Commenti

  1. bello bello bello e ancora bello , due foto?

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  2. Dispettoso anzichèno questo fanciullo, ha ragione Francesca! :)

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  3. Hai detto bene! L'egeo senza meltemi è una bestia strana, imprevedibile e sappiamo bene che la prevedibilità è fonte di sicurezza per noi. Io che ci sono da un po' in questo pezzo di mare e posso fare confronti, ti dico che è stata finora una splendida stagione, con tante rotte possibili e boline non troppo cattive. Però all'Egeo senza il meltemi manca qualcosa, nei colori, negli odori, nell'atmosfera. Ma non voglio dirlo ancora, visto che son dall'altra parte e ho ancora un lungo trimestre con cui farci i conti.
    Mi incuriosisce molto l'Heikell originale invece. Io ho la versione italiana e lo detesto profondamente. E di umorismo manco a parlarne. Quel "non lasciate la barca senza esservi accertati che l'ancora abbia agguantato il fondale" ripetuto a ogni pié sospinto, mi fa venir voglia di requisirti i bigattini e seminarli nei suoi gavoni. Oltre al fatto che potrei giurarci che in molti dei posti remoti che descrive non è mai passato.

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    Risposte
    1. Francesca, l'Heikell originale è delizioso. Scrive bene, il bastardo, ed è un gran figo. Non so se sia mai stato in tutti i posti che descrive (alcune notizie le dà lui stesso per "riportate") ma ha girato tanto. Io ne sono innamorato, e lo invidio da matti.

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    2. Ora che mi ci fai pensare, qualche anno fa comprai il portolano di Heikell per la Francia Mediterranea, edizione tradotta in italiano. Lo odiai profondamente.

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