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Visualizzazione dei post da aprile, 2013

IL TRUCCO

“Ora ti spiego un trucco, che ho imparato da un amico carrozziere...” Assumo un'aria il più possibile interessata, so già dove andremo a parare “...prima di mettere il sika devi fare il bordo con il nastro di carta..” Ma va? “...poi col dito lisci il sika...” Non vedo l'ora di conoscere la fine “...e infine togli il nastro e hai tutto pulito!” Magia! Come ho fatto a non pensarci prima? “Vedrai, alla fine risparmi tempo!” conclude, con aria saputa e pacca sulla spalla. Io non vedo l'ora di ritrovarmi solo: l'appuntamento al buio col tipo cui ho dato una mano per telefono per l'ipotetico acquisto di una barca dello stesso modello non doveva trasformarsi in una perizia sulla mia, oltretutto non preparata ad una simile ispezione e colta in modalità officina on . P er cui tengo un profilo basso, non lo contraddico ma neanche gli do ragione con veemenza: offro la minima resistenza per assecondare il suo lento scivolamento vers

Attacco notturno

Nella tarda mattina di un giorno particolarmente sereno, verso la  fine della scorsa estate, dopo aver seguito la costa francese da Marsiglia a Mentone, e poi la Riviera fino a San Remo, accostiamo a destra dirigendo la Duna verso Capo Corso. Il vento è davvero poco, ma il cielo è blu, il sole gentile, il mare calmo, e noi, alla quinta settimana di viaggio, abbiamo raggiunto il grado di fatalismo sufficiente ad accettare, in una giornata come questa, una velocità di appena tre nodi pur di tenere il motore spento e conservarci in armonia con quello che cominciamo a considerare il nostro privato Universo. Le previsioni ci danno ancora qualche giorno di tranquillità prima dell'arrivo della prossima perturbazione - ormai la stagione si va guastando - e noi non siamo ormai lontani da casa. Francamente, non abbiamo nessuna fretta di tornare. Tutta la mattina e metà del pomeriggio scivoliamo sotto randa e genoa, spinti da una brezzolina leggera. Ma poi, lontano dalla costa, ni

Incatenati a Saint Tropez

Saint Tropez, una mattina di settembre. Uno sloop di circa 10 metri tenta di indovinare il tempo per entrare nel piccolo porto senza intralciare né essere intralciato dal via vai incessante di imbarcazioni di ogni tipo. Il timoniere sembra abbastanza nervoso, si guarda intorno, forse prende una decisione. Sì: accosta sulla destra e si dirige verso il molo d'accoglienza, dove secondo il portolano è possibile sostare qualche ora per fare cambusa. I due marinai della capitaneria notano le vele di prua consumate, imbrogliate alle draglie, la vernice opaca e scrostata delle fiancate, gli oblò sigillati col nastro adesivo. Senza pensarci due volte fanno cenno di no prima con la mano, poi sbracciando sempre più violentemente in risposta ai cenni dello skipper, fino a che questi rinuncia, torna in rotta e prosegue verso il bacino che si apre pochi metri più avanti con la speranza non tanto di trovare posto, ma almeno di avere acqua a sufficienza per girare la barca e tornare fuori.  Qu

Come disse...

Negli ultimi due giorni mi sono occupato della pompa di sentina. Finora non avevo ancora messo mano a quanto ereditato dal precedente proprietario. Non ne vado fiero, ma qualche volta la lotta contro l'E ntropia mi tiene più occupato di quanto sarebbe lecito. Un paio di foto, complice l'assenza del motore, mostrano la situazione. Tre tubi per tre pompe.  Quello trasparente, di grande diametro, armato, è della pompa a mano. Quello verde, da giardinaggio, che nella mente dell'originale istallatore doveva essere l'uovo di Colombo potendo arrivare in ogni punto della barca, è completamente cotto dall'olio, dal gasolio e dal calore, e non si svolge più. In compenso, lasciato lì dov'è, funziona , permettendo ad una pompa ad ingranaggi di svuotare la sentina. Quello giallo, retinato, va chiaramente alla pompa elettrica a immersione della foto stessa. La pompa si accende, ma non riesce a succhiare via il liquido: potrebbe essere otturato il tubo? Seguendolo, do

La terza mano

Arrivo in barca ancora col panino in mano. Mi rilasso, mi guardo intorno, metto un po' di musica. Attacco la corrente di banchina per ricaricare un po' le batterie. Chiamo il meccanico, ma oggi non è al porto. Io però ho il pomeriggio libero, e parecchia voglia di distrarmi dagli svariati casini di lavoro. Così dopo alcune attività innocue comincio come uno squalo a girare intorno al problema della terza mano. Mi spiego meglio: la nuova randa ha tre mani di terzaroli, una in più della vecchia, io fino ad oggi ne ho armate due. C'è una puleggia libera in varea e una nella trozza, così faccio il vago e comincio ad infilare, partendo dall'albero, una vecchia drizza da 8: per ora ci metto questa, poi si vedrà. Il tentativo fallisce: entrano sì alcuni metri di cima, ma non si vede nulla dall'altra parte. In successione provo: a smuovere le borose delle prime due mani, a inclinare il boma coricandolo in pozzetto. Nessun risultato. Estraggo la drizza e prov